di Paolo Pagliaro
Segnalare il libro di Travaglio (“Slurp”, Chiarelettere) sull’arte dell’adulazione comporta un rischio evidente: in virtù di certi automatismi, per cui se parlo bene di te lo faccio solo per compiacerti, si acquisirebbe titolo per essere inseriti nella prossima edizione dell’antologia zerbinocratica curata dal brillante polemista che dirige il Fatto.
Si dirà che Travaglio non è al potere, per cui sarebbe possibile occuparsene benevolmente senza essere accusati di piaggeria. Ma è un argomento debole, perché in realtà è grande il potere di un opinion leader in una società senza opinioni.
Diciamo dunque, a nostro rischio e pericolo, che “Slurp” – con i tutti i suoi eccessi e le sue omissioni – offre uno spaccato attendibile della diffusa attitudine al servo encomio. Sulle origini di questa debolezza ci sono molte teorie. Secondo Indro Montanelli – citato da Travaglio - se la cultura italiana è nata nel Palazzo e alla mensa del Principe, laico o ecclesiastico che fosse, lo si deve al fatto che il Principe era, in un paese di analfabeti e quindi senza mercato, il suo unico committente.
Sta di fatto che mentre Martin Lutero affiggeva sul portone della cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi destinate a rivoluzionare la religione, la politica e l’economia con la Riforma protestante, in Italia Baldassarre Castiglione stava scrivendo Il Cortegiano: il trattato in forma di dialogo sulla perfetta arte della cortigianeria, frutto della sua esperienza al servizio della duchessa di Urbino Elisabetta Gonzaga e destinato a diventare uno dei libri più venduti nel XVI secolo.
Ha dunque origini antiche il fenomeno di cui si occupa brillantemente Travaglio.
Ora servirebbe un altro Travaglio che – con la medesima efficace sistematicità – ci raccontasse anche la tendenza opposta, quella al codardo oltraggio, che come sappiamo in Italia è altrettanto diffusa. (20 mag)