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“L’AUTODAFÈ DEL CAMMINANTE” UNA STORIA DI EMIGRAZIONE E DI DIRITTI

La battaglia per la difesa dell’uguaglianza, dei diritti e della dignità dell’uomo prima di tutto, anche della propria vita, attuata attraverso l’arma dell’eloquenza che si richiama al più alto senso di giustizia. Quella battaglia che affrontò in sede processuale Arturo Giovannitti, molisano emigrato negli Stati Uniti a 17 anni, protagonista del primo tra i grandi processi del ‘900 americani, che rappresentò lo spartiacque nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori e verso la realizzazione di una democrazia compiuta. E’ a questa vicenda storica, di cui quest’anno ricorre il centenario, che è dedicata l’opera teatrale ‘L’autodafè del camminante’, con Diego Florio per la regia di Stefano Sabelli, in programma a Roma dall’11 al 16 aprile al Teatro Lo Spazio, presentata oggi presso la Fondazione Donzelli. L’opera è ispirata dal famoso caso che coinvolse nel 1912 il poeta e sindacalista italo-americano Arturo Giovannitti, messo sotto processo con l’accusa di istigazione all’odio di classe, imputazione per il quale rischiava la sedia elettrica, seguito allo sciopero  delle lavoratrici tessili alla Lawrence Textile(Massachusset), noto con il nome di Brad and Roses Strike nel corso del quale morì un’operaia, Anna Pizzo. Quell’evento si trasformò in un caso internazionale per il quale si mobilitò  in suo favore un largo movimento di lavoratori, con manifestazioni di solidarietà non solo negli Stati Uniti e in Italia, ma anche in numerosi altri paesi europei. Dinanzi ai giudici del tribunale di Salem, già famoso per l’ultimo processo alle streghe statunitense nel 1692, Giovannitti, uomo di cultura dalla formazione classica, espose una straordinaria autodifesa, in inglese. Quel celebre ‘address to the jury’, pronunciato il 12 novembre 1912 fu esposto con tale forza, raffinatezza e capacità di convincimento da salvare la sua vita e quella dell’altro imputato, Joseph J. Ettor. (Kat – 3 apr)

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