Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Genova: l’Africa
nel Soffio
degli Antenati

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Genova: l’Africa <BR> nel Soffio <BR> degli Antenati

 

GENOVA: L’AFRICA NEL “SOFFIO DEGLI ANTENATI"

Antropologia e  fotografia  si incontrano  nella mostra fotografica "Il soffio degli antenati" di Marco Aime, fino al 20 ottobre, a Genova, nella Biblioteca civica di piazza XX Settembre. Il progetto, con la produzione della Fondazione Palazzo Ducale di Genova, propone una lettura visiva dell’Africa e delle sue molteplici anime in un racconto suggestivo e poetico, accostando gli aspetti umani alle rappresentazioni fotografiche. Una mostra di parole e di immagini, in cui tradizionali proverbi africani accompagnano gli  scatti realizzati dall’autore in Mali, Benin, Ghana, Malawi, Tanzania, Congo e Algeria.  “E’ un viaggio nella tradizione africana - commenta Aime, docente di Antropologia Culturale all’Università di Genova -. Una serie di fotografie che tenta di restituirne la vitale bellezza specchiandola nell’antica e icastica saggezza dei proverbi. Alla carica sapienziale della cultura orale si affiancano così delle concrete microstorie, spesso riassunte in un volto scolpito dalle fatiche della vita o in un luminoso sorriso”, “77 immagini che evocano alcuni aspetti fondamentali del mondo africano: la vecchiaia, la solidarietà, la famiglia, l’amicizia. Il soffio degli antenati - dal titolo ispirato ai versi di Birago Diop, poeta senegalese che aderì al movimento della Negritudine - intende catturare e reinterpretare il misterioso sapere che proviene dal passato e forse rappresenta l’ultimo soffio di una storia che finisce, ma la cui forza evocativa sopravviverà ancora, se sapremo ascoltarla”.  

 

MILANO, I “RIPENSAMENTI” DI FRANCESCO LAURETTA

“Avevo timore di incontrarmi e non mi sono incontrato perché tutto è sorto nuovo”. Da queste parole dell’artista Francesco Lauretta il titolo della mostra “Due volte, dal 20 settembre al 20 ottobre alla galleria Giovanni Bonelli di Milano. L’allestimento, studiato dallo stesso artista siciliano (di Ispica), presenta venti opere su tela ed una quarantina di disegni che invitano ad una riflessione, con le sue crisi e i suoi successi, sul fare e sul farsi della pittura, che da secoli si ripropone, imponendo i propri arcani a pittori o poeti, con l’animo e la sensibilità disposti ad accoglierne le domande. Arricchiscono il percorso, alcuni schizzi e disegni realizzati da Lauretta - artista poliedrico che spazia dalla pittura alle installazioni, utilizzando spesso materiali eterogenei e di recupero - durante l’esperienza creativa di “Scuola di Santa Rosa” che si è sviluppata a Firenze, in collaborazione con Luigi Presicce, nello scorso settembre e che proseguirà con eventi e incontri anche nella prossima stagione.  (red)

 

NOTO: NEL MONDO DI FRIDA KAHLO

Il Convitto delle Arti - Noto Museum ospita, fino al 30 ottobre, la mostra “Frida Kahlo. La Rivoluzionaria”, che raccoglie 80 fotografie della grande artista messicana e l’omaggio di 20 artisti siciliani che hanno voluto realizzare una loro opera ispirandosi alla vita e alle passioni della grande pittrice. L’esposizione si affianca alla mostra “Picasso è Noto”, anch’essa allestita fino al 30 ottobre. Gli scatti, realizzati dai più grandi fotografi del tempo - amici e compagni di vita di Frida Kahlo, da Gisele Freund a Leo Matiz, Edward Weston, Lola e Manuel Alvarez Bravo, Imoghen Cunningham, Nicolas Muray e molti altri -, portano in evidenza alcuni momenti della esistenza di Frida Kahlo, sospesa tra vicende che hanno influenzato non solo la sua pittura, ma anche il suo modo di concepire la vita. Tra tormenti e passioni che hanno ormai travalicato la storia dell’arte, per entrare nel mito. Amori, dolori, politica, creatività e ricerca di una propria serenità interiore, portano in evidenza la personalità di un artista, ma ancor più di una donna, che è divenuta il simbolo della forza e della indipendenza di tutte le donne. In queste immagini che colgono Frida Kahlo nei suoi momenti, privati e pubblici, si ritrova tutta la vicenda umana e la passionalità di una protagonista indiscussa del ventesimo secolo appena trascorso.

 

UMBRIA, GUBBIO COME AL TEMPO DI GIOTTO

La città di Gubbio conserva intatto il suo splendido aspetto medievale, con le chiese e i palazzi in pietra che spiccano contro il verde dell'Appennino. È ancora la città del tempo di Dante e di Oderisi da Gubbio, il miniatore che il sommo poeta incontra tra i superbi in Purgatorio e al quale dedica versi importanti, che sanciscono l’inizio di un’età moderna che si manifesta proprio con la poesia di Dante e l'arte di Giotto. La mostra "Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d'arte nella terra di Oderisi", fino al 4 novembre, vuol restituire l’immagine di una città di media grandezza ma di rilievo politico e culturale nel panorama italiano a cavallo tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento, esponendone il patrimonio figurativo sia civile che religioso. La mostra è allestita in tre sedi diverse, perché ci sono opere inamovibili, ma anche perché ci sono luoghi ricchi di significato e intrisi di bellezza: il Palazzo dei Consoli che sorge sopra una favolosa terrazza che lo fa somigliare a quelle città che i santi portano in cielo nei polittici degli altari; il Museo Diocesano che sorge accanto alla chiesa cattedrale e infine il Palazzo Ducale, che nacque come sede del Comune e finì per essere la residenza di Federico da Montefeltro, signore di Urbino. Lungo questo percorso si potranno calcare le impronte degli uomini e delle donne di quel tempo antico, per vedere dalla stessa prospettiva e intendere con lo stesso gusto un'arte civica e religiosa insieme. Per l’occasione sono stati restaurati dipinti nascosti dalla polvere dei secoli, riconsegnando a Gubbio opere disperse nel corso della storia, riunendo quadri degli stessi pittori eugubini destinati ad altre città dell'Umbria, chiamando importanti prestiti dall’estero. Dipinti su tavola, sculture, oreficerie e manoscritti miniati delineano, anche con nuove attribuzioni, le fisionomie di grandi artisti come Guido di Oderisi, alias Maestro delle Croci francescane, Il Maestro della Croce di Gubbio, il Maestro Espressionista di Santa Chiara ovvero Palmerino di Guido, “Guiduccio Palmerucci”, Mello da Gubbio e il Maestro di Figline.Il padre di Oderisi, Guido di Pietro da Gubbio, viene oggi identificato in uno dei protagonisti della cosiddetta “Maniera Greca”, da Giunta Pisano a Cimabue. Palmerino fu compagno di Giotto nel 1309 ad Assisi, e con lui dipinse le pareti di due cappelle di San Francesco, per poi tornare a Gubbio e affrescare la chiesa dei frati Minori e altri edifici della città. A “Guiduccio Palmerucci”, oggi nome di convenzione, si attribuiscono ancora rapinosi polittici. Mello da Gubbio scrisse il proprio nome ai piedi di una Madonna dal volto pieno e giulivo come le Madonne di Ambrogio Lorenzetti nella città di Siena. Il Maestro di Figline, che dipinse le vetrate per il San Francesco ad Assisi, poi il grande Crocifisso nella chiesa di Santa Croce a Firenze, è probabile che avesse lasciato a Gubbio uno straordinario polittico nella chiesa di San Francesco, che possiamo di nuovo ammirare in questa mostra grazie agli odierni proprietari che ne hanno concesso per la prima volta il prestito. Dai documenti d'archivio e dall'aspetto delle Madonne e dei Crocifissi appesi alle pareti dei musei, risulta come fossero originari di Gubbio i pittori che si affiancarono a Giunta Pisano, poi lavorarono accanto a Giotto e infine a Pietro Lorenzetti, per rivestire d'immagini variopinte il capolavoro che aprì le porte dell'arte moderna nella chiesa eretta sopra la tomba del santo di Assisi. Tornati in patria, quei pittori, che erano stati coinvolti nella nuova lingua di Giotto e di Pietro Lorenzetti per un pubblico di papi e cardinali, si cimentarono con un piglio raffinato nello stile e popolare nell’aspetto illustrativo, per farsi intendere anche da un pubblico di fabbri e di maestri di pietra. Si parlò allora a Gubbio la lingua della lauda assieme alla lingua della Commedia.

 

PALERMO: RODČENKO, FOTOGRAFO RIVOLUZIONARIO

Fino al 4 novembre, al Real Albergo Dei Poveri di Palermo,  è esposta la più grande collezione delle foto di Alexander Rodčenko, nell’ambito del festival "Le "Stagioni Russe". L’esposizione include più di 140 fotografie in argento-gelatina rifatte sui negativi originali di Rodčenko, tra le più famose e più significative per lo stesso fotografo. Il nome di Rodčenko è diventato per la Russia e per il mondo sinonimo dei cambiamenti rivoluzionari che hanno avuto luogo nell'arte nei primi anni '20. Rodčenko ha cambiato radicalmente l'idea della natura della fotografia e del ruolo del fotografo. Il classico dei servizi fotografici e della ripresa di scorcio, è riuscito, come spiega la curatrice Olga Sviblova, direttrice del Multimedia Art Museo di Mosca, a "cambiare l'idea della natura della fotografia e del ruolo del fotografo. Ha donato all'arte fotografica il modo di ragionare progettuale e costruttivista. La fotografia risulta non solo il riflesso della realtà ma diventa il modo di creare una rappresentazione visiva dei costrutti ideali dinamici”. 

 ROMA: LE “VITE SPEZZATE” DELLA SHOAH

La Fondazione Museo della Shoah presenta, alla Casina dei Vallati, a Roma, vicino allo storico Portico d’Ottavia, la mostra “1938 - Vite spezzate”, a cura di Marcello Pezzetti e Sara Berger. La mostra, allestita fino al 18 novembre, è la seconda delle due esposizioni che la Fondazione ha voluto realizzare in occasione dell’80mo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia. Uno sguardo particolare su uno dei periodi più bui della storia d’Italia (1938-1943), quello in cui il governo di un paese che si considerava “civile” ha violentemente calpestato i diritti di una parte dei suoi cittadini. Tutte le persone di origini ebraica, considerate inferiore dal punto di vista “biologico”, vennero infatti escluse da ogni ambito della società nazionale. Nella mostra vengono raccontati i casi di studenti e docenti espulsi dalle scuole e dalle università italiane; di scrittori, musicisti, giornalisti ed esponenti della cultura che dovettero smettere di produrre arte e sapere; di impiegati, ingegneri, avvocati, magistrati e medici che non poterono più esercitare la professione che fino a quel momento avevano svolto con sacrificio e competenza. Senza dimenticare gli esponenti di altre categorie, quali gli appartenenti alle istituzioni statali, all’esercito, allo sport. Un focus particolare viene riservato all’internamento degli ebrei stranieri e di quegli ebrei italiani ritenuti “pericolosi” antifascisti. Non sono trascurati i casi drammatici di ebrei fascisti, che si sentirono doppiamente traditi, e di giovani che presero la strada dell’antifascismo e poi della resistenza, così come di esponenti delle istituzioni ebraiche che cercarono di far fronte alla nuova situazione e in particolare di coloro che decisero di dedicare la propria vita all’assistenza dei più bisognosi. La mostra si chiude evidenziando le scelte più dolorose: quella di lasciare la patria emigrando e quella più estrema e tragica in assoluto, ovvero il suicidio. Un tragico capitolo di storia ricordato attraverso fotografie, manifesti, documenti, giornali, oggetti e filmati, in gran parte inediti e originali, provenienti da numerosi archivi e collezioni private.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)