di Paolo Pagliaro
(24 gennaio 2018) In questi giorni c’è stato un anniversario che non è stato celebrato come avrebbe meritato. Ha compiuto 40 anni il servizio sanitario nazionale , nato il 23 dicembre del 1978 per sostituire il sistema basato sulle casse mutue. Era l’anno del rapimento Moro e dell’elezione di Pertini. C’era il governo di solidarietà nazionale guidato da Giulio Andreotti e ministro della sanità era la democristiana di sinistra Tina Anselmi. Quel governo e quella classe politica trasformarono l’assistenza sanitaria in un diritto di cittadinanza, universalistico e finanziato dalla fiscalità generale. Poche riforme come questa hanno incisto sulla qualità della democrazia italiana. In quell’anno negli Stati Uniti la mortalità infantile era più bassa rispetto all’Italia, mentre oggi è quasi il doppio. Nel 1978 l’età media alla morte in entrambi i paesi era di 73-74 anni. Oggi in Italia si muore mediamente a 82 anni, negli Stati Uniti a 79. In quarant’anni, l’americano medio ha dunque perso più di 1.000 giorni di vita rispetto all’italiano medio. Questa evoluzione è dovuta a numerosi fattori, ma certamente i diversi sistemi sanitari hanno avuto un ruolo importante.
Proponendo il confronto con gli Stati Uniti, Gianpiero dalla Zuanna su neodemos fa notare che mentre lì i principali attori del sistema sanitario sono le assicurazioni private, che non tutti possono permettersi, da noi – attraverso la tasse - sono le persone in buona salute a pagare gran parte delle spese sanitarie delle persone malate. Questi soldi verranno poi “restituiti” quando i sani si ammaleranno, e altre persone sane pagheranno per loro. E’ il principio solidaristico che sta alla base del mostro sistema sanitario pubblico, che oggi molti vorrebbero smantellare e che invece dovremmo difendere con le unghie e coi denti.
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