di Paolo Pagliaro

(25 giugno 2019) Per tre giorni, dall’8 al 10 luglio, al ministero della Salute ci sarà una sorta di maratona di ascolto dei protagonisti della sanità, per raccogliere idee e modelli innovativi di cui tener conto nel Patto sulle politiche sanitarie del prossimo triennio che sarà stipulato da Governo e Regioni.
Porteranno le loro proposte ordini professionali, sindacati, società scientifiche, industrie farmaceutiche, associazioni di pazienti, attivisti per i diritti del malato.
Al dibattito sul futuro della politica sanitaria e della medicina dà un importante contributo in questi giorni anche Ilaria Capua, la virologa italiana emigrata negli Stati Uniti dopo essere diventata famosa per aver messo a disposizione della comunità scientifica la sequenza genetica del virus dell’influenza aviaria.
Per Egea, la casa editrice della Bocconi, Capua ha scritto “Salute circolare”, un testo che nella prefazione il filosofo Umberto Curi definisce “coraggioso ai limiti della temerarietà”. Tra le due o tre cose che la scienziata sostiene di aver compreso in quarant’anni di ricerca c’è che la salute è una linfa vitale che connette fra loro gli uomini, gli animali, le piante e l’ambiente. E che non c’è progresso, nella medicina, se non ci sono interconnessioni tra culture, lingue, Paesi, arte e scienza. Se non si procede sconfinando.
D’altra parte – come racconta il libro - la scoperta dell’universo della microbiologia avvenne grazie alla curiosità di un commerciante di tessuti e il concetto di contagio fu elaborato da un astronomo.
Di fronte a minacce come il cambiamento climatico e l’inquinamento della terra e del mare, ora si tratta di far avanzare la salute come sistema, Cosa che si può fare, sostiene Ilaria Capua, solo con un uso massiccio e virtuosamente spregiudicato dei big data, quell’infinita mole di informazioni oggi utilizzata per vendere pubblicità o truccare le elezioni, e che invece potrebbe salvarci la vita.