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direttore Paolo Pagliaro

L’urlo dei 50mila senza tetto: #vorreistareacasa

Almeno 50 mila persone in Italia, sin dall’entrata in vigore del primo dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte, non stanno rispettando l’invito espresso chiaramente dall’hashtag #iorestoacasa. Ma potrebbero essere molti di più: solo a Roma ufficialmente sono 8mila, ma i pessimisti parlano di 20mila unità, e in altre città come Milano, Modena, Verona, Siena e in tante altre stanno iniziando a fioccare i verbali redatti dalle forze dell’ordine per violazione dell’art 650 del codice penale. Peccato che non si tratti di automobilisti e pedoni sprovvisti di una autocertificazione, ma dell’esercito di persone senza fissa dimora che popolava le nostre città già in situazioni di normalità sanitaria, e che a più di una settimana dall’entrata in vigore del sistema “Italia protetta” si ritrova paradossalmente sia senza protezione che fuorilegge. Neanche l’appello del capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, che in conferenza stampa pochi giorni fa relativamente alla situazione romana ha detto di “aver chiesto alla Regione e al Comune di individuare delle strutture idonee”, ha finora avuto una risposta definitiva: ieri il Campidoglio ha comunicato di aver esteso l’orario di apertura dei centri normalmente aperti h15, portandoli a h24, permettendo così a 240 ospiti di rimanere all’interno delle strutture per l’intero arco della giornata e contenere gli spostamenti, nell’ambito del Piano Freddo messo in piedi ogni inverno. È stato parallelamente rafforzato il servizio di distribuzione dei pasti a domicilio, che passeranno da 600 a 800 al giorno, nel rispetto della distanza minima di sicurezza tra le persone, anche trasformando una parte consistente dei pasti in pranzi e cene ‘al sacco’.

Ma la direttiva ha causato ovvie limitazioni anche per i volontari, a partire dall’interpretazione delle motivazioni della famosa autocertificazione: è possibile muoversi per emergenze umanitarie? Dal Comune di Roma, fanno sapere ad esempio i volontari di Baobab Experience, fanno sapere che sì, si tratta di una motivazione valida per spostarsi, ma senza una dichiarazione chiara e pubblica del governo rimane tutto nell’ambito della singola interpretazione. A Lecce, il Comune e la Croce rossa locale hanno approntato a tempo di record presso Masserie Ghermi delle casette prefabbricate per permettere di dire ai senza tetto #iorestoacasa, ma nel resto del Paese le iniziative delle istituzioni latitano. Il resto del lavoro è affidato al terzo settore e al volontariato, pur con mille limitazioni: gli assembramenti sono vietati (ma basta fare un rapido giro tra Stazione Termini e Tiburtina per scoprire che almeno a Roma poco è cambiato), le file per il cibo anche, la stesse rete di forni e ristoranti ‘solidali’ sono chiusi e gran parte dei volontari a casa: anche trovare i pasti, oltre che un tetto, è diventato più difficile. La Caritas continua a offrire il proprio servizio “ma problematiche nuove – spiega il direttore, don Francesco Soddu - Abbiamo attivato servizi domiciliari per la distribuzione di pasti e di beni alimentari, dato supporto alle persone senza dimora impossibilitate a seguire le direttive del Governo sulla quarantena, e seguito situazioni specifiche, come ad esempio quella dei circensi, in collaborazione con la Fondazione Migrantes, e dei rifugiati”.

Anche le mense della Comunità di Sant’Egidio restano aperte e le distribuzioni dei pasti nelle "cene itineranti": “Abbiamo preso delle precauzioni, come la distanza tra le persone che vengono qui per mangiare e per fare la fila – spiegano i volontari – ma dobbiamo essere vicini a queste persone fragili soprattutto in questo momento. Tra l’altro proteggendo loro possiamo contenere il contagio e quindi proteggerci tutti”. A Milano è scesa in campo Emergency, con iniziative più che altro a supporto della salute dei senza fissa dimora, A Padova diocesi e Csv si sono messi al fianco del Comune, ma fioccano le lettere aperte e gli esposti ai Comuni del vari territori: Baobab Experience ha scritto alla sindaca di Roma Virginia Raggi per chiedere come muoversi con i circa 50 migranti che stazionano e dormono a Tiburtina, una vasta rete di associazioni guidata da Binario 95 ha lanciato una petizione chiamata #vorreistareacasa a livello nazionale, gli richiedenti asilo ospiti nel Cs in via Mattei di Bologna hanno inviato tramite Coordinamento Migranti una lettera aperta (disponibile anche in lingua inglese) al Comune, alla Prefettura e Questura della città, alla Regione Emilia-Romagna denunciando che all’interno della struttura mantenere le norme di sicurezza dettate dall’emergenza coronavirus è impossibile. In tutto questo, c’è anche la beffa delle multe (con tanto di denuncia) per i senza tetto trovati fuori di casa… senza motivo: a dare conto della situazione paradossale è stata la Onlus genovese Avvocato di strada: “Siamo a lavoro per chiedere le archiviazioni – spiegano gli avvocati volontari . ma intanto continuiamo a porre la nostra domanda: come fanno a restare a casa le persone che una casa non ce l’hanno?”. La domanda è stata posta direttamente alla presidenza del Consiglio dei ministri, ai Presidenti delle Regioni italiane e ai sindaci dei Comuni: ci sono ancora 50mila persone che la nuova direttiva non la possono rispettare, e che sono esposti più di tutti al coronavirus. (sis – 17 mar)

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