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direttore Paolo Pagliaro

Servizio sanitario
poco nazionale 

Servizio sanitario <br> poco nazionale 

di Paolo Pagliaro

(11 gennaio 2020) Il Servizio sanitario nazionale si chiama così per motivi precisi. E’ un servizio, non un ente o un istituto separato dal corpo dello Stato. E’ sanitario, dunque non solo medico-terapeutico ma anche preventivo e ambientale. E infine è nazionale perché è unificante anche se amministrativamente decentrato. Così Giovanni Berlinguer spiegava la ratio di quel nome e soprattutto di quella riforma di cui lui, nel 1978, era stato uno dei padri. Un libro recente intitolato “La salute è un diritto” curato per Ediesse da Fabrizio Rufo passa in rassegna le idee e i protagonisti di quella stagione innovatrice. 
In quarant’anni molto dello spirito inziale si è perso, complici anche le difficoltà economiche. Soprattutto è andato scolorendosi il carattere nazionale del servizio sanitario, che presenta squilibri sempre più accentuati tra le diverse regioni. L’ultimo dato reso disponibile dal ministero della Salute ci dice che solo 13 regioni garantiscono ai propri cittadini i livelli essenziali di assistenza, i famosi Lea, concordati con lo Stato. La griglia del ministero valuta decine di indicatori, come la copertura vaccinale pediatrica, gli screening oncologici, l’assistenza territoriale e domiciliare, le prestazioni ospedaliere, l’intervallo tra la chiamata e l’arrivo dei mezzi di soccorso, le liste d’attesa, i parti cesarei, la salute degli animali, i controlli sugli alimenti. Emilia Romagna, Veneto e Provincia di Trento offrono i servizi migliori. Le prestazioni peggiori, molto al di sotto della sufficienza, sono invece quelle riservate ai cittadini della ricca provincia di Bolzano, del Molise e della Calabria.

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