di Paolo Pagliaro
La decisione danese di esportare i migranti in qualche paese africano disposto ad accoglierli ha complicato non poco il negoziato tra i paesi dell’Unione sul diritto d’asilo europeo, di cui hanno discusso oggi i 27 ministri dell’Interno. L’anno scorso, la Danimarca ha registrato il numero più basso di ingressi dal 1992: appena 1.547 su una popolazione di circa 6 milioni di abitanti. Questo non ha impedito al governo socialdemocratico di adottare, con il sostegno del centro-destra, una serie di provvedimenti anti-immigrazione, anche lassù molto popolari. Dopo la scelta di sgomberare dalle periferie i profughi «non occidentali», ci sono state la decisione di rimpatriare migranti in Siria perché ormai considerato paese «sicuro», e la proposta di sistemare un centinaio di richiedenti asilo in una base navale dismessa in Groenlandia, idea abbandonata per l’opposizione dei residenti. Ora è arrivata la nuova legge . Prevede di fermare le persone che approdano in Danimarca per dirottarle verso Paesi terzi disposti ad accoglierle: colloqui sono in corso con il Rwanda e persino con la Tunisia, che in una sorta di economia circolare della disperazione dovrebbe così riassorbire una parte del traffico di esseri umani che essa stessa produce.
L’iniziativa danese oscura la notizia che la Lituania e il Lussemburgo si sono aggiunti all'Irlanda nell'offerta di accogliere una quota dei migranti recentemente sbarcati a Lampedusa. E’ una disponibilità poco più che simbolica, poche decine di persone, ma significa un sì al principio che l’accoglienza è un dovere che va condiviso. Più complicato sarà convincere Merkel e Macron, anche perché – fanno notare a Bruxelles- spesso ci si dimentica che Francia e Germania hanno ricevuto e continuano a ricevere più profughi e migranti rispetto all’Italia.
(© 9Colonne - citare la fonte)