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Quanto durano i vaccini? Chi ha i dati li pubblichi

di Michele Mezza

Quanto durano i vaccini? E davvero nessuno ha dati certi su questo? Sono domande ricorrenti, che investono frontalmente l’intesa strategia di contrasto al contagio. Sapere se oggi sono ancora protetti coloro che si sono vaccinati nel gennaio e febbraio scorso, pensiamo al personale sanitario, è fondamentale per organizzare una valida politica di protezione. Ancora più urgente e capire se davvero nella comunità scientifica nessuno possiede informazioni fondate su queste tendenze I dati che vengono proprio dalle aree di vaccinazione estesa, come Israele, Inghilterra e alcune regioni spagnole, come la Generalitad di Madrid, dove siamo a percentuali di vaccinazioni con la seconda dose superiori all’ 85%, ci parlano di una recrudescenza di malattia che colpisce strati già vaccinati.
A Tel Aviv siamo a mille persone per milione, un quadro davvero preoccupante. Comunque i vaccini mitigano fortemente le conseguenze letali o anche sintomi da ospedalizzazione. I vaccinati riescono infatti a superare con pochi disturbi un eventuale nuovo contagio. Ma dobbiamo porci il problema di cosa significhi far correre il vaccino in un campione cosi ampio di ospiti: milioni e milioni di persone, con una varietà genetica infinita rischiano comunque di produrre varianti e dinamiche virali imprevedibili. Non è il vaccino che induce la variante, come temerariamente si era avventurato a dire l’on Salvini.
Piuttosto siamo dinanzi ad uno scenario del tutto inedito: in nessuna epidemia precedente il campione infettato era pressoché coincidente con l’intera popolazione umana, dunque 7 miliardi di individui, ognuno con un bagaglio genetico diverso e specifico, che se non viene adeguatamente protetto dal contatto con il virus inevitabilmente potrebbe in alcuni esemplari generare le varianti che ci stanno già preoccupando. Per questo dobbiamo avere informazioni chiare sul limite della copertura vaccinale.
Sicuramente chi ha queste informazioni sono le case farmaceutiche che hanno prodotto i vaccini adottati. Da almeno un anno , in alcuni casi 16 mesi, sono state avviate le sperimentazioni sui volontari. Per cui già nel febbraio marzo 2021 Pfizer e Moderna, per parlare delle due aziende più avanzate , hanno misurato gli effetti temporali e sanno benissimo i loro prodotti quanto e fino a quando proteggono. Questi dati devono essere resi pubblici. I Governi, l’Unione Europa, l’organizzazione Mondiale della sanità devono pretendere di disporre delle tabelle vaccinali per dedurre le proprie popolazioni a quale grado di protezione sono ancora esposte e come sia necessaria una terza dose.
Siamo ad uno snodo fondamentale. Il rischio che si moltiplichino, nell’inconsapevolezza generale, casi di vaccinati infettati è troppo grande. Si getterebbe discredito sull’intera strategia sanitaria e verrebbero eccitati gli istinti peggiori di chi già oggi soffia sul fuoco no vax.
Inevitabilmente la questione dei dati sulla copertura ne ripropone una più di fondo. Qualora in alcunei delle situazioni più precarie, come appunto Israele, la somministrazione di una terza dose, già in stato avanzato, si dimostrasse meno efficacie delle aspettative dovremmo inevitabilmente puntare ad una nuova generazione di vaccini, prodotti riprogrammati e aggiornati che dovrebbero, questa volta tenere presente, delle condizioni territoriali, in base all’incidenza delle varianti diverse che caratterizzano le aree del mondo, e anche delle necessità logistiche, per rendere agibile la vaccinazione in regioni, come l’Africa e il Sudamerica, dove oggi questi prodotti troppo delicati e macchinosi nella gestione diventano non usabili. Torna così anche il nodo della complessità della politica da adottare che non può limitarsi solo alla scorciatoia dei vaccini. Indispensabili ma non sufficienti come stiamo vedendo.
E’ urgenti attivare, come scrive Andrea Crisanti, nel libro “Caccia al Virus” (Donzelli) “combinazioni della vaccinazione con politiche territoriali come il testing di massa attorno ai positivi, il tracciamento con soluzioni digitali efficienti e georeferenziate e un sequenziamento sistematico di tutti i tamponi per mappare proprio le evoluzioni del virus”. Tocca alla politica decidere, come sempre.

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