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BLANGIARDO: LA SCUOLA
SI VA SPOPOLANDO

Il Messaggero intervista Gian Carlo Blangiardo, presidente dell'Istat nonché professore ordinario di Demografia, che pone l’accento sulla drastica contrazione dei numeri della popolazione scolastica, “una tendenza molto grave ma attesa, che ora si sta concretizzando sempre di più. Dal 2008 la dinamica della natalità è in calo anno dopo anno: nel 2021 siamo scesi sotto quota 400 mila nascite e quest'anno ci sarà un'ulteriore riduzione. Quindi, nonostante un certo contributo dell'immigrazione, anche il numero degli studenti non può che diminuire. La scuola è per così dire il primo fronte sul quale si notano gli effetti della mancata natalità: bastano pochi anni, mentre per l'impatto sul mondo del lavoro ne servono più o meno venti, perché i bambini devono crescere e arrivare all'età lavorativa. E ancora dopo - ma comunque abbastanza rapidamente - si vedono le conseguenze sul welfare, sulla sostenibilità di sanità e pensioni”. Cosa succede all'economia di un Paese in decrescita demografica? “Se la decrescita è di queste dimensioni decresce anche l'economia. Da qui al 2070 stimiamo una perdita di Pil di circa 500 miliardi. Ancora prima, nell'arco di vent'anni, ci sarà una riduzione delle unità di consumo, calcolate in base alle famiglie, del 2,5 per cento. In alcune Regioni anche del 10. Senza contare che l'Italia vedrà diminuire il suo peso internazionale”. Blangiardo invita alla cautela sull’inevitabile riorganizzazione scolastica “La scuola dell'obbligo è un servizio essenziale, un diritto non negoziabile” e dunque “Se si decide di chiudere una scuola primaria poi bisogna mettere in condizione i bambini di frequentarne un'altra, senza troppi disagi per loro e per le loro famiglie”. (30 NOV - deg)

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