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direttore Paolo Pagliaro

MESSINA DENARO,
PERQUISITO IL COVO

È a Campobello di Mazara, nel trapanese, il covo di Matteo Messina Denaro, catturato ieri mattina dopo tre decenni di latitanza alla clinica Maddalena di Palermo. Il nascondiglio, perquisito tutta la notte dai carabinieri del Ros, è nel centro del paesino di Giovanni Luppino, il favoreggiatore finito in manette ieri mentre accompagnava il boss in clinica. Un centro abitato che si trova a pochi chilometri da Castelvetrano, paese di cui Messina Denaro è originario. Trent'anni fa il covo di Totò Riina non venne perquisito nell'immediatezza della cattura, fatto che oltre ai sospetti innescò anche un processo, finito però con l'assoluzione del vicecomandante del Ros Mario Mori e del capitano "Ultimo" dall'accusa di favoreggiamento alla mafia. Secondo il racconto di diversi pentiti, Messina Denaro sarebbe stato il custode del cosiddetto 'tesoro' di Totò Riina, ovvero i documenti segreti che il capo mafia di Corleone teneva nel suo nascondiglio prima di essere arrestato. Intanto, secondo quanto scrive anche Il Centro, il boss - atterrato ieri sera a bordo di un aereo militare all'aeroporto di Pescara - potrebbe essere stato trasferito nel carcere delle Costarelle a L'Aquila.  La memoria va inevitabilmente a un passato mai passato del tutto, alle terribili stragi del 1992 su cui c'è anche la firma di Messina Denaro. Maria Falcone, in un'intervista al Corriere della Sera parla di "una vittoria di tutta la società italiana. Occorreva un salto generazionale, come auspicava Giovanni. Impressionante come tutti battessero le mani davanti a quella clinica, per strada, fra gli autobus, i passanti pronti ad abbracciare i carabinieri con i loro giubbotti antiproiettile. Immagini ben diverse da quando i parenti dei boss si accanivano e inveivano a Palermo contro funzionari e agenti di scorta". La sorella del giudice, parlando con Repubblica, afferma inoltre che “questo risultato è arrivato per merito di quasi tutte le istituzioni, dalle forze dell'ordine alla magistratura, un po' meno per la politica, che si è mostrata meno interessata. Mi auguro che adesso la lotta alla mafia diventi centrale. Anche perché la cattura di Messina Denaro può essere un trauma per la mafia. Bisogna tenere la guardia alta”. "Non ci sono misteri né segreti inconfessabili. Abbiamo lavorato per anni e anni e gli abbiamo fatto terra bruciata intorno. Fino a questo risultato straordinario che deve essere dedicato a tutte le vittime di mafia" assicura in un'intervista al Corriere della Sera Teo Luzi, comandante generale dell'Arma. Prova a
sgombrare il campo da dubbi e sospetti anche il magistrato Alfonso Sabella, già membro del pool antimafia guidato a Palermo da Giancarlo Caselli dopo le stragi del '92, intervenuto a Radio Cusano Campus: "Non ho mai visto un boss consegnarsi, tranne Salvatore Cangemi che temeva per la sua vita" ricorda, respingendo "questi discorsi di arresti finti e concordati". "E poi – continua Sabella - se io mi consegno non mi faccio trovare con un orologio da 30mila euro al polso e non coinvolgo un collaboratore che mi ha accompagnato lì. Nella logica mafiosa, l'orologio lo lascio alla mia famiglia. Non credo alla consegna di Matteo Messina Denaro, credo al grande lavoro fatto dagli inquirenti. Non credo che ci siano margini per una ricostruzione diversa da quella ufficiale". (Roc – 17 gen)

 

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