di Paolo Pagliaro
Carlo Cottarelli non passerà alla storia come il primo che si dimette anche dal Parlamento oltre che dal partito. Prima di lui lo fecero ad esempio e per ragioni diverse Enrico Letta, Piercarlo Padoan, Elio Vito, Franca Rame. Di quest’ultima resta agli atti una lettera fiera e dolente in cui l’attrice annunciava le dimissioni spiegando di voler tornare a far politica senza ingessature e vincoli, senza doversi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere.
Ma Cottarelli, Letta e gli altri restano comunque virtuose eccezioni. Nella scorsa legislatura hanno cambiato partito 217 deputati e 87 senatori, un quarto dei parlamentari. Ma nessuno di loro ha pensato di dover abbandonare anche seggio e indennità. Molti hanno anzi cambiato gruppo più di una volta, cosicché alla fine i cambi totali sono stati 456 di cui 297 alla camera e 159 al senato. Il Movimento 5 Stelle, ha perso per strada 171 parlamentari, Forza Italia 47, il Partito Democratico 29.
Non esiste vincolo di mandato, e dunque tanta volatilità non infrange la legge, ma sicuramente mette a dura prova la fiducia dei cittadini nella politica. E contribuisce a spiegare perché alle ultime elezioni la maggioranza relativa degli italiani, 17 milioni di persone, abbia deciso di non votare.
A Cottarelli era stato proposto di passare al gruppo di Renzi e Calenda. “Ma io - ha detto - sono stato eletto nel proporzionale, la gente non ha votato il mio nome ma il partito. ed è giusto che quel seggio torni al Pd”. Ecco, uno che ragiona così, il Pd dovrebbe fare di tutto per tenerselo.