Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

ALBERTO TRENTINI, LA MADRE:
IL GOVERNO INTERVENGA

“Non ho notizie di Alberto dal 15 novembre 2024. Voglio dire che il 15 novembre lui era all’aeroporto e come al solito, perché ci sentivamo con messaggi o con videochiamate ogni giorno, dall’aeroporto di Caracas mi ha mandato un saluto, come era solito fare. Poi ho aspettato, come eravamo abituati, di ricevere i saluti quando arrivava a destinazione e con i saluti la piccola mappa di Google. Non è mai arrivata, la notte l’ho cercata perché con il fuso orario avrei dovuto trovare il messaggio, e la sera del 16 ci hanno avvertito che era in stato di fermo. Da allora di Alberto non abbiamo avuto notizie. È isolato e non ci risulta che abbia incontrato nessuno, non ha potuto chiedere di parlare con un avvocato o di contattare la sua famiglia, nulla”. Così Armanda Trentini, madre di Alberto Trentini, il cooperante dell’ong internazionale Humanity&Inclusion, da oltre 90 giorni detenuto in un carcere di Caracas, in Venezuela, con accusa di terrorismo, alla trasmissione “Che Tempo che Fa”, sul Nove. “Mi aspetto che arrivi una telefonata di Alberto, è un desiderio che abbiamo dal 15 novembre. Poi, poiché ho scritto una lettera e la nostra avvocata l’ha inoltrata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e proprio perché è madre pure lei, mi aspetto che me lo porti a casa, che percorra delle strade anche facendosi aiutare dalle Istituzioni di altri Paesi come è stato fatto per la nostra giornalista Cecilia Sala”. E prosegue: “Alberto è un cooperante, e ha scelto questo mestiere perché amava aiutare chi era in stato di necessità. E ne aveva fatto la sua missione, aveva studiato per prepararsi, aveva preso una specializzazione a Liverpool poi un master a Litz sulla sanificazione dell’acqua, era specializzato anche nelle emergenze. Per lui era la sua passione e la sua missione. Aveva scelto questa ong che si occupava di persone con disabilità perché si era innamorato di una ragazza che viveva là, per stare vicino a lei. Era arrivato da poco tempo, per questo noi siamo rimasti sconvolti da questo stato di fermo, non ce lo spieghiamo e da 3 mesi non lo sentiamo.” Sulla salute del figlio: “Ci è stato riferito che sta discretamente bene. Prima ci hanno avvertiti che è vivo e non avendo altre notizie è stata una buona notizia. Poi [ci hanno detto] che la sua salute è discreta e che può prendere il farmaco di cui ha bisogno. Siamo seguiti sin dai primi momenti dall’avvocata Alessandra Ballerini, che ci informa perché tiene i contatti con la Farnesina e con le istituzioni consolari. Da Alberto non abbiamo mai avuto nulla, non abbiamo avuto nessun contatto, la nostra disperazione è questa. Può immaginare…”  E spiega che ogni volta che arriva una telefonata “è una speranza e una delusione, non demordiamo poi, provi a immaginare le nostre notti così lunghe… ma non ci spaventano le notti lunghe, perché così abbiamo tempo di pensare, di connetterci con lui. E poi, ci resta un rammarico grande: 3 mesi, quante belle cose avrebbe fatto in questi 3 mesi Alberto invece che rinchiuderlo e togliergli ogni contatto con il mondo. È una cosa che davvero rattrista questa, e anche se abbiamo gli amici di Alberto, gli amici di famiglia, la parrocchia… ci sono vicini ma Alberto bisogna portarlo a casa, bisogna…

Volevo ringraziare anche le persone che sono sparse un po’ per il mondo, gli amici e i colleghi di Alberto quando l’hanno conosciuto in Ecuador o in Nepal, in Perù o in Grecia. A loro modo si sono attivati per tener vivo il ricordo di Alberto e perciò sono grata. Ma c’è qualcuno che sui social ha usato il nome di Alberto, la foto di Alberto, la foto anche di famiglia e si spaccia per Alberto… questa per noi è una cosa crudele. Le mie sorelle turnano da altre città per non lasciarci soli, e questo per noi è un sollievo, anche se abbiamo anche i parrocchiani che quando abbiamo bisogno… e abbiamo bisogno anche di preghiere… Abbiamo bisogno di tutto e di tutti perché torni a casa questo ragazzo”. (17 feb - red)

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