Un breve discorso quello ai giornalisti che ieri mattina erano presenti nell’Aula Paolo VI per la prima udienza pubblica del nuovo pontefice ma anche qualche siparietto: ha firmato qualche autografo, persino su una palla da baseball e ha permesso anche qualche foto ma ha detto no a selfie. Ha indossato una sciarpa delle Ande peruviane e ha ricevuto in dono una reliquia di Papa Luciani, Giovanni Paolo I.
“Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore”, ha detto il Pontefice chiedendo agli operatori della comunicazione di “scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace”. Una comunicazione “diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla”. Per papa Leone XIV “dobbiamo dire no alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra”. Il papa ha quindi espresso la “solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato e raccontato la verità” e ne ha chiesto la liberazione. “La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli – ha detto - a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere”. “La sofferenza di questi giornalisti imprigionati – ha quindi aggiunto - interpella la coscienza delle nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa”. Citando gli eventi – dalla morte di papa Francesco all’elezione nuovo papa – “siete riusciti a narrare la bellezza dell’amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore” aggiungendo che viviamo tempi “difficili da percorrere e da raccontare” che “rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire” e non dobbiamo “cedere mai alla mediocrità”. Dopo aver citato Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”. Ha ringraziato i giornalisti “perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero”: “il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto”. E poi nuovamente un pensiero a all’intelligenza artificiale “col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali”.
Nei brevi siparietti con i giornalisti – al termine dell’udienza - alcuni temi e messaggi come quello per gli Usa: “Molti”, ha risposto mentre con la giornalista peruviana che gli ha consegnato una sciarpa ha detto: “aspettatevi presto notizie su di me in Perù”. E sulla passione per il tennis, che coltiva da anni, gli è stato chiesto se si potesse fare una partita per le opere missionarie con Agassi. Una “buona idea però non portiamo Sinner”, ha detto.
(13 mag – com)
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