L’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin ad Anchorage, in Alaska, è l’occasione per ripercorrere alcuni dei vertici più significativi tra i due Paesi. La panoramica dei colloqui USA-Russia (e URSS) di alto livello non può che iniziare dalle conferenze degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Una in particolare: la conferenza di Jalta, dal 4 all'11 febbraio 1945 presso il Palazzo di Livadija, in Crimea, durante la quale i capi politici dei tre principali Paesi Alleati presero alcune decisioni importanti sul proseguimento del conflitto, sull’assetto futuro della Polonia e sull’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. I protagonisti, in quell’occasione, furono Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, a capo rispettivamente degli Stati Uniti d'America, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sono numerosi gli incontri tra i leader statunitensi e russi, tra cui risalta il summit di Camp David a settembre 1959 tra Dwight Eisenshower e Nikita Krusciov, che pone le basi per un primo disgelo tra Usa e URSS in piena Guerra Fredda. Nel giugno 1961 è la volta del summit di Vienna, che vede il faccia a faccia tra Krusciov e il neopresidente statunitense John Fitzgerald Kennedy. Si tratta di un incontro che si svolge in un clima teso, caratterizzato dalla crisi di Berlino (due mesi dopo iniziò la costruzione del Muro) e dal fallito colpo di mano americano alla Baia dei Porci a Cuba, finalizzato a far cadere Fidel Castro. La situazione precipiterà l’anno successivo, con la cosiddetta “crisi dei missili” che provocò in tanti la paura di una possibile guerra atomica tra le due superpotenze.
Nel maggio 1972, Mosca ospita un altro incontro dalla portata storica. Richard Nixon, infatti, è il primo presidente USA a volare in URSS, dove incontra il segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica Leonid Breznev. La guerra in Vietnam ancora infuria, ma la visita di Nixon fece da apripista per la distensione simboleggiata dalla firma dei trattati Salt e Abm per il controllo degli armamenti. Una distensione che si ferma davanti all’invasione sovietica dell'Afghanistan nel 1979 e al ritorno della Guerra Fredda all’inizio degli Anni ’80. Punto di svolta è l'incontro di Ginevra a novembre 1985 tra Ronald Reagan e Michail Gorbaciov, durante il quale i due leader superano la fase di tensione. Emblema del nuovo corso è la storica firma, nel 1987, del trattato che bandisce i missili nucleari a corto e medio raggio. Nel 1989 il Muro di Berlino crolla, dando inizio all’effetto domino che porterà alla caduta dell’Unione Sovietica. Dopo il fallito colpo di Stato in URSS, Gorbaciov cede il potere a Boris Eltsin, primo presidente della neonata Russia post-sovietica, che si riorganizza come federazione. È proprio Eltsin a incontrare George Bush a Washington nel 1992. Non a caso, nel 1995 si raggiunge forse il momento di maggiore distensione tra Stati Uniti e Russia, con le presidenze di Eltsin e Bill Clinton. In particolare, i due hanno rapporti amichevoli, come dimostra il summit di Hyde Park, a New York, dell'ottobre 1995.
Con il nuovo millennio e il cambio dei vertici, inizia un periodo storico diverso con nuovi protagonisti. Vladimir Putin e George W. Bush si incontrano in diverse occasioni negli anni Duemila, ma le relazioni tra i due Paesi vivono dei momenti difficili, tra gli attentanti dell'11 settembre e le guerre in Afghanistan e Iraq. Da una parte, infatti, la firma del trattato per la riduzione delle armi nucleari tra Mosca e Washington fa sperare in un miglioramento della situazione geopolitica internazionale, dall’altra la guerra in Georgia nel 2008 frena le relazioni positive tra i due Paesi. Un ulteriore allontanamento di posizioni si ha nel corso della presidenza di Barack Obama. Nel 2012 Putin torna alla guida del Cremlino dopo il mandato da primo ministro, mentre nel 2014 scoppia la crisi in Crimea e, successivamente, Mosca decide di appoggiare il regime di Bashar al-Assad in Siria. Nel 2015 avviene l’ultima visita ufficiale di Putin negli Stati Uniti, a New York. Non finiscono tuttavia i suoi contatti con i presidenti USA. Il 16 luglio 2018 si tiene il bilaterale tra Donald Trump e Vladimir Putin a Helsinki, in Finlandia. L’incontro tra i due provoca polemiche negli Stati Uniti, poiché il tycoon viene accusato di essere eccessivamente indulgente verso l’omologo russo. Sullo sfondo delle critiche spicca il sospetto di influenze russe sulle elezioni statunitensi del 2016 (e sul referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea che ha portato alla Brexit). Infine, il vertice Biden-Putin nel giugno 2021 a Ginevra, caratterizzato da uno scenario globale complicato dovuto alla pandemia Covid. In questo caso, l’impegno preso da entrambi è di riportare gli ambasciatori nelle rispettive capitali in un incontro definito “costruttivo” e privo di “animosità”. Ma lo spiraglio aperto a Ginevra si richiude subito dopo con l’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022. Adesso, l’attenzione si sposta ad Anchorage e a quello che accadrà dopo. (14 AGO - gci)
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