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direttore Paolo Pagliaro

“The Impossible Present. Caleidoscopio”: i tanti linguaggi di Delphine Valli

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

“The Impossible Present. Caleidoscopio”: i tanti linguaggi di Delphine Valli

Dal 25 settembre al 25 ottobre, BUILDING TERZO PIANO di Milano presenta “The Impossible Present. Caleidoscopio”, un progetto site-specific di Delphine Valli a cura di Melania Rossi, che raccoglie una serie di opere e fotografie inedite, testi e installazioni, in una molteplicità di linguaggi. L’esposizione si colloca temporalmente a due anni dalla pubblicazione del libro The “Impossible Present”, edito da Parallelo42 Contemporary Art, in occasione della residenza di ricerca dell’artista a Marrakech, in seguito alla sua vittoria del Grant Italian Council di ricerca nel 2021. “The Impossible Present. Caleidoscopio” si propone come racconto visivo multiforme, stratificazione di memorie e intrecci tra arte e vita. L’esperienza di residenza artistica nella città rossa presso LE 18, spazio culturale multidisciplinare sito nella medina, è stata vissuta da Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972) come un viaggio di ricongiungimento con il Maghreb della sua infanzia, con la cultura visiva nella quale è cresciuta fino ai sedici anni di età e che ha plasmato la sua sensibilità artistica. Oltre l’orizzonte spazio-temporale che separa luoghi ed esperienze, il corpus di lavori presentati in mostra esplora la relazione dialettica tra tangibile e intangibile. La scrittura, presente da sempre nella pratica di Valli, diventa forma essenziale nell’incontro con la calligrafia geometrica araba e la fotografia, che disegna con la luce, rende visibile ciò che è sostanzialmente assente. Le aste disposte nello spazio di BUILDING TERZO PIANO sono la materializzazione dei progetti grafici presentati nel libro e si rapportano al vuoto che le circonda, entrando in relazione con lo stesso. L’intento della mostra è quello di restituire in modo poliedrico il progetto raccolto nel libro, e al contempo, proporre una lettura dei singoli lavori realizzati nel tempo alla luce dell’incontro dell’artista con la cultura visiva islamica. Evidenziando gli aspetti più impercettibili dell’esperienza, “The Impossible Present. Caleidoscopio” fa leva sul costante rapporto tra materiale e immateriale, tra memoria, visione e creazione. Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972) vive e lavora a Roma dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti in Scultura nel 2002. La sua ricerca artistica ha origine dalla fascinazione provata nell’osservare l’ambiente circostante e interroga l’apparente immutabilità delle cose. Esplora le tensioni che si creano tra l’intervento artistico e lo spazio, coinvolgendolo come elemento plastico. È docente di Installazioni Multimediali e Tecniche Performative per le Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Vincitrice dell’Italian Council, X edizione, Grant di ricerca con residenza estera, 2021 e di una Borsa di ricerca dell’institut Francais Alger con residenza a La MaisonDAR, Algeri, Algeria, 2022. Tra le mostre e partecipazioni, Caravane Tighmert (Tighmert, Marocco, 2025); Spaesamenti (ECCOM, Casamassella, 2025); Quel che resta del fuoco (Curva Pura, Roma, 2022); La Forma dell’Oro (BUILDING, BUILDING BOX, Milano, 2021); La Madonna di Foligno, il meteorite e il punctum, come rileggere un capolavoro (Museo Capitolare Diocesano, Foligno, 2021); Real Utopias (MANIFESTA13 Les Parallèles du Sud, Marsiglia, 2020); Climax (AlbumArte, Roma, 2019); Fenetre jaune cadmium (Institut Francais CCSL, Roma, 2018); Hors les murs (Galerie]S[Mortier (Digital District Art, Paris, France, 2017); Tutorial Sirtaki (MAXXI, Roma, 2017); Artisti a confronto (Suzhou Jade Carving Art Museum, Suzhou, Cina, 2016); XXVI° Biennale di Scultura (Palazzo Ducale, Gubbio, 2016); Seminaria Sogninterra (Festival Biennale di Arte Ambientale, Maranola, 2016); Dodici stanze (CIAC, Genazzano, 2015); Artsiders (Galleria Nazionale dell'Umbria, Perugia, 2014); Les révoltes logiques (Arteealtro, Roma e Intragallery, Napoli, 2014); Circumambulazione (Ex Elettrofonica, Roma, 2009), Martedì Critici (Roma, 2010); Godart (MuseoLaboratorio Ex Manifattura Tabacchi, Città Sant’Angelo, 2009 e 2010); Instead of here (Ex Elettrofonica, Festival Euromediterraneo Altomonte, 2010); Geografia della soglia (Ninni Esposito arte contemporanea, Bari, 2010); Premio Giovani 2009 Segnare / Disegnare (Accademia Nazionale di San Luca, Roma, 2009). (gci)

“ARTIFICIAL BEAUTY”: TRA ARTE E TECNOLOGIA CON ANDREA CRESPI

Dal 23 ottobre al 25 gennaio 2026, la Fabbrica del Vapore, uno degli spazi espositivi contemporanei più dinamici e innovativi di Milano, ospita “Artificial Beauty”, la prima grande mostra istituzionale di Andrea Crespi nel capoluogo lombardo a cura di Alisia Viola e Sandie Zanini. Dopo le sue esposizioni alla Triennale di Milano, al CAFA Art Museum di Pechino, al MAGA di Gallarate, a Times Square a New York e ad Art Dubai, Milano accoglie un artista che sta ridefinendo, con linguaggi ibridi e visioni stratificate, il rapporto tra arte, tecnologia e società. Veneri classiche vs corpi sintetici, umano vs artificiale, passato vs futuro, emozionale vs computazionale: tra opere iconiche e site-specific, l’utilizzo di medium e tecnologie differenti, “Artificial Beauty” è un’indagine profonda e trasversale che attraversa i linguaggi visivi contemporanei e ne restituisce un corpo nuovo, sensibile, in costante oscillazione tra memoria e futuro. Il punto di partenza è il concetto di bellezza, osservato oggi nella sua trasformazione più radicale: non più armonia delle forme, ma territorio di sperimentazione e campo di tensione continua tra fisico e digitale, umano e macchina, emozione e algoritmo. Tra pittura, scultura, installazioni e opere digitali, “Artificial Beauty” invita così il pubblico a partecipare e a diventare parte attiva del processo artistico, in una narrazione in cui ogni lavoro - in dialogo con gli spazi di Fabbrica del Vapore - è anche dispositivo relazionale. Non più solo opera da contemplare, ma strumento per ridefinire cosa intendiamo oggi per bellezza, identità ed evoluzione. Il percorso espositivo si apre con The Artist, un’opera simbolica e fortemente evocativa che introduce i temi centrali dell’intero progetto espositivo. Il titolo, volutamente ambiguo, innesca un cortocircuito semantico e concettuale che accompagna il visitatore lungo l’intera mostra: chi è, oggi, l’artista? La mostra prosegue con una serie di installazioni inedite, immersive e interattive, accanto a opere emblematiche come Ex Human, un ciclo di ritratti generati dall’ibridazione tra intelligenza artificiale e codici iconografici umani. Volti androidi, formalmente ispirati alla scultura neoclassica, emergono da un processo generativo che interroga i confini tra umano e artificiale. Un senso perturbante di familiarità e straniamento accompagna il visitatore fin dentro il cuore della riflessione di Crespi: in che misura la tecnologia sta plasmando e ridefinendo le trame della nostra esistenza? Tra le principali Beauty Lives in Every Story – Venere dei libri, una figura femminile che nasce da un libro aperto, attraversata da un arto meccanico; un’allegoria potente della conoscenza come fusione tra sapere e macchina, carta stampata e i nuovi strumenti della conoscenza. Head of Aphrodite, che reinterpreta la Venere di Milo unendo la scultura tradizionale a tecniche contemporanee e Amore & Psiche / Artificial & Physical, in cui l’abbraccio eterno tra sentimento umano e costruzione artificiale diventa emblema di una nuova classicità. Un’installazione monumentale che mette in scena l’abbraccio eterno tra sentimento umano e costruzione artificiale, evocando il mito di Amore e Psiche. L’opera è inserita in un ambiente specchiante che riflette e moltiplica le immagini, coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza immersiva. La bellezza diventa così un gioco di riflessi e prospettive, invitando a interrogarsi sull’identità e sulla relazione tra corpo, immagine e tecnologia. Andrea Crespi è un artista italiano il cui lavoro si concentra sull’indagine della trasformazione sociale e della rivoluzione digitale, tematiche che affronta attraverso un linguaggio visivo innovativo e multidisciplinare. La sua ricerca artistica traduce i cambiamenti culturali del presente in opere capaci di evocare riflessioni profonde. Considerato tra i giovani artisti italiani più influenti a livello nazionale e internazionale, Crespi opera tra Milano e Miami, portando avanti una produzione in costante evoluzione. La sua pratica si distingue per la capacità di fondere media fisici e digitali in un'estetica riconoscibile e contemporanea, che interpreta la realtà con precisione e senso critico. Le sue opere sono state esposte in prestigiosi contesti espositivi, tra cui la Triennale di Milano, il CAFA Art Museum di Pechino, il MAGA di Gallarate, Times Square a New York e Art Dubai. (gci)

PER LA PRIMA VOLTA ESPOSTE TUTTE LE VIGNETTE DELLA BIBBIA ISTORIATA PADOVANA

Nella sede della British Library, presenti i Responsabili dell’Istituzione londinese, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, professor Gilberto Muraro, il vicario Don Lorenzo Celi in rappresentanza del vescovo di Padova monsignor Claudio Cipolla, è stata ufficialmente annunciata la mostra “La Bibbia Illustrata Padovana. La città e i suoi affreschi”, che si potrà ammirare a Padova, nel Salone dei Vescovi del Museo Diocesano dal 17 ottobre al 19 aprile 2026. La mostra è resa possibile dal prestito eccezionalmente concesso dalla British Library della porzione lì custodita di quella che è una delle più celebri Bibbie illustrate medievali al mondo. Inoltre, l’esposizione è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ed è a cura di Alessia Vedova con la collaborazione scientifica di Federica Toniolo. Per la prima volta sarà così possibile presentare tutte le 871 vignette della preziosa Bibbia miniata, quelle custodite a Londra e quelle che sono patrimonio della Accademia dei Concordi di Rovigo. È un evento culturale atteso e difficilmente ripetibile: il ritorno a Padova, sia pure per il breve spazio di una mostra, della “Bibbia Istoriata Padovana”, un manoscritto miniato di epoca trecentesca di grande importanza e originalità. Questo capolavoro della miniatura è opera di artisti operanti presso la Corte dei da Carrara, che furono i Signori della città sino al 1405, quando Padova entrò nella Serenissima Repubblica di Venezia. Non è dato sapere se il progetto di raccontare l’intera vicenda biblica sia mai andato in porto. L’impresa certo si presentava come ciclopica e richiedeva somme ingentissime, oltre che tempi lunghi. Caduta la Signoria, della Bibbia Istoriata si sono perse le tracce. Due porzioni staccate giunsero sul mercato probabilmente in epoca sette-ottocentesca. Ad assicurarsene una fu la potente famiglia rodigina dei Silvestri, grandi bibliofili oltre che collezionisti d’arte; la seconda fu acquisita dal Duca di Sussex. I Silvestri legarono la loro intera biblioteca, e quindi anche la loro parte della Bibbia, all’Accademia dei Concordi; la Bibbia Sussex giunse invece alla British Library. Di eventuali ulteriori parti del manoscritto miniato non c’è, ad oggi, traccia. La riunione delle due parti conosciute della Bibbia Istoriata Padovana è stata suggerita e promossa dalla Fondazione Cariparo, che ha chiesto e ottenuto la determinante collaborazione delle due Istituzioni che la custodiscono. Ad accogliere la Bibbia così riunita sarà, grazie alla collaborazione della Diocesi di Padova e del vescovo monsignor Claudio Cipolla, una sede di grande prestigio – il magnifico Salone dei Vescovi – oggi compreso nel Museo Diocesano, una collocazione non casuale, dato che la Bibbia Istoriata mostra molte assonanze stilistiche con quel tesoro dell’Urbs Picta patavina, Patrimonio Unesco, che è il Battistero del Duomo affrescato da Giusto de’ Menabuoi. A rendere unica la Bibbia Istoriata Padovana è il suo corredo di miniature in perfetto dialogo con lo svilupparsi del racconto biblico. Sono proprio queste affascinanti immagini a dare forza al testo che sembra quasi diventare didascalico rispetto ad esse. Non è infatti raro leggere il rinvio a “Como qui si è depento”, come si trattasse di un racconto più affidato alle scene miniate che alle parole, quasi ad anticipare un meraviglioso fumetto. Una Bibbia per immagini, dunque, nella tradizione delle Bibbie Illustrate francesi dell’epoca. Il racconto biblico è scritto in volgare con inflessioni venete e padovane, un esempio raro, dato che le Bibbie di quell'epoca erano soprattutto in lingua latina. La porzione del manoscritto miniato conservata a Rovigo contiene l’incipit del sacro testo, ovvero la Genesi, oltre alla storia di Ruth. Quella londinese riporta la parte centrale del Pentateuco (Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio) e il libro di Giosuè. Della Bibbia Sussex della British Library sono conservate 86 carte illustrate, impreziosite da 529 immagini miniate. Una improvvida rifilatura dei fogli, avvenuta in un momento sconosciuto, si è portata via una parte della numerazione delle pagine e delle note. I fogli londinesi si presentano racchiusi da una legatura blu e oro ottocentesca, con stemma reale. “Le illustrazioni della Bibbia Padovana dimostrano di guardare ai grandi cicli pittorici che Giotto, Altichiero, Giusto de’ Menabuoi avevano realizzato per i Carraresi e per le potenti comunità religiose della città, secondo uno stile particolarmente sobrio e realistico”, sottolinea Alessia Vedova, curatrice della mostra. Nel salone dei Vescovi le due parti della Bibbia si potranno ammirare affiancate, protette da una teca di massima sicurezza. A precederle, nel percorso espositivo, una sala immersiva dove i visitatori saranno condotti a rivivere l’ambiente storico ed artistico della Padova del Trecento, per capire il clima culturale nel quale maturò l’impresa della Bibbia e constatare come la presenza a Padova, in quegli anni, di Giotto e di altri grandi artisti abbia influenzato i miniatori impegnati nella grande impresa. Sono gli anni in cui la città accoglie anche il maggiore poeta del momento, Francesco Petrarca, a indicare un ambiente culturale tra i più elevati del continente. "La visita all'esposizione è un'occasione da non perdere - sottolinea Federica Toniolo, professoressa all'Università di Padova di Storia dell'arte medievale - per apprezzare la qualità raggiunta dai miniatori e vedere riflessi nelle vignette, come in uno specchio, gli usi e i costumi, gli spazi architettonici e il territorio rurale della Padova tardo medievale". Nella elegante, ampia “Veranda” del Palazzo Vescovile, i visitatori avranno, una volta ammirato l’originale, l’opportunità di godere della visione di tutte le pagine della Bibbia, riprodotte in fac simile, potendo così seguire lo svolgimento delle “Storie” in essa illustrate. Il visitare potrà poi inoltrarsi nel ricco Museo Diocesano, diretto da Andrea Nante, in cui sono conservate opere di rilevo dal Medioevo a Canova. E visitare, con un unico biglietto, il Battistero della Cattedrale, ammirando il celebre ciclo di affreschi di Giusto de’ Menabuoi, le cui scene dipinte, soprattutto nel tamburo della cupola, furono modelli iconografici per la Bibbia. (gci)

PROROGATA AL 12 OTTOBRE ESPOSIZIONE “TAPPEZZAMENTO A PEZZI” DI RENATO MAMBOR

È stata prorogata fino al 12 ottobre prossimo l’esposizione dell’opera “Tappezzamento a pezzi” di Renato Mambor, ricomposta e allestita dallo scorso 29 maggio nella scenografica Sala da Ballo al piano terra del Casino Nobile, Musei di Villa Torlonia a Roma. Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’esposizione è il risultato della collaborazione con la Fondazione Paola Droghetti Onlus e con l’ICR Istituto Centrale per il Restauro. I servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura. Il grande dipinto “Tappezzamento a pezzi” (1993, tecnica pittorica mista su legno, composta da 7 elementi, cm 250x350) fa parte delle collezioni capitoline di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, ed è stato acquisito nel 1999, dopo la partecipazione dell’artista alla settima edizione della rassegna Lavori In Corso tenutasi negli spazi espositivi della ex Birra Peroni in via Reggio Emilia a Roma. Il restauro dell’opera, effettuato presso l’ICR Istituto Centrale per il Restauro grazie ad una borsa di studio sovvenzionata dalla Fondazione Paola Droghetti Onlus, rientra nelle attività di collaborazione in corso da tempo tra la Sovrintendenza Capitolina e la stessa Fondazione. Una collaborazione virtuosa, tra istituzione pubblica e mecenate, che negli anni scorsi ha già portato alla valorizzazione di altre opere del patrimonio capitolino. Grazie alla partecipazione dell’Istituto Centrale per il Restauro e alla sua Scuola di Alta Formazione, l’intervento conservativo sull’opera è stata anche l’occasione per affrontare alcune questioni che animano l’attuale dibattito sul restauro, dal ruolo dell’arte nella contemporaneità, alle questioni di metodo, lì dove entrano in gioco materiali e tecniche non convenzionali o sono necessarie soluzioni specifiche e complesse. Nel caso del grande dipinto di Renato Mambor, il progetto ha consentito non solo un interessante approfondimento sulla tecnica pittorica utilizzata dall’artista negli anni Novanta del secolo scorso, ma anche una riflessione filologica sulla modalità allestitiva della sua opera, a partire dalla testimonianza fornita dall’Archivio dell’artista, in particolare dalla moglie Patrizia Speciale. La presentazione dell’opera al pubblico costituisce non solo l’occasione per riscoprire uno dei capolavori di Renato Mambor ma è anche un’opportunità per rileggere la vicenda artistica e biografica di una delle personalità di spicco della stagione creativa degli anni Sessanta del secolo scorso che vide Roma tra i centri più effervescenti e dinamici. Completano l’esposizione il video documentario di Edoardo Mariani e Francesco Scognamiglio prodotto dalla Fondazione Paola Droghetti Onlus, e il volume “Tappezzamento a pezzi”. Un’opera di Renato Mambor. Studi e restauro, a cura di Federica Pirani e Angelandreina Rorro, con testi delle curatrici e di Antonia Rita Arconti, Annapaola Agati, Valentina Rossi e Alice Salvetti, Miriam Pitocco e Barbara Lavorini, Claudio Santangelo, edito da Gangemi Editore, facente parte della collana di volumi dedicati ai restauri realizzati con i contributi della Fondazione Paola Droghetti. Renato Mambor nasce a Roma nel 1936. Dopo le prime esperienze nel cinema come cartellonista e attore, interpretando anche una piccola parte nel film “La dolce vita” di Fellini, alla fine degli anni Cinquanta decide di dedicarsi all’arte figurativa. L’immaginario pop legato al mondo del cinema e dello spettacolo tornerà nella sua ricerca artistica legata al gruppo della Scuola di Piazza del Popolo. Esordisce nel 1959 alla galleria L’Appia Antica nell’ambito delle avanguardie internazionali. Dai primi anni Sessanta espone numerose volte alla galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Sagome bidimensionali, segnali stradali, timbri, costellano le opere dell’artista che attraverso la loro stilizzazione riflette sulle icone della comunicazione di massa. Si dedica per molti anni al teatro, fondando nel 1975 il Gruppo Trousse e occupandosi lui stesso di tutti gli aspetti dello spettacolo. Dalla fine degli anni Ottanta torna alla pittura interessandosi ai temi della percezione e dell’osservazione mutuati dall’esperienza teatrale. Realizza anche installazioni come per la mostra-evento Fermata d’autobus del 1995 o per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dove nel 2007 espone i Separè. Muore a Roma nel 2014. (gci)

ALLA SCOPERTA DI MATTIA MORENI IN CINQUE MUSEI DELLA ROMAGNA

A partire dal 21 settembre, prende forma la più grande antologica mai dedicata a Mattia Moreni, figura centrale e inquieta dell’arte italiana del secondo dopoguerra. Il progetto “Mattia Moreni. Dalla formazione a ‘L’ultimo sussulto prima della grande mutazione’”, a cura di Claudio Spadoni, è un percorso che coinvolge cinque musei della Romagna: un omaggio corale a un artista che ha attraversato le principali correnti del Novecento – dal neocubismo all’informale – senza mai aderire passivamente a nessuna. Nato a Pavia nel 1920 e formatosi artisticamente a Torino, Mattia Moreni trovò nella Romagna non solo un rifugio, ma la sua patria elettiva: un territorio che segnò profondamente la sua vita e la sua arte. Proprio da questo legame prende avvio il progetto espositivo, che si propone di rileggere la sua opera mettendone in luce il ruolo di lucido comunicatore e di straordinario anticipatore di temi oggi più che mai attuali. Ad aprire il ciclo espositivo è il Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo, nella sede distaccata dedicata all’arte contemporanea dell’Ex Convento di San Francesco, con la mostra “Dagli esordi ai cartelli”, a cura di Davide Caroli. Promossa dal Comune di Bagnacavallo e dall’Associazione “Mattia”, e organizzata in collaborazione con il Museo Civico delle Cappuccine, l’esposizione sarà visitabile dal 21 settembre 2025 all’11 gennaio 2026. Oltre 40 le opere in esposizione, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private – molte delle quali raramente visibili – tra cui alcuni lavori già presentati alla Biennale di Venezia, alla quale Moreni partecipò più volte a partire dal 1948, alla Quadriennale di Roma e in importanti musei europei. Il percorso si concentra sui primi vent’anni della sua attività, un periodo ricco di premi e riconoscimenti, segnato dalle influenze dei pittori nordici, del Liberty e dei Ferraresi del Quattrocento. Ad accompagnare le opere, un’accurata documentazione che restituisce la vivacità della sua stagione giovanile, subito accolta con interesse dalla critica, tra cui anche un giovanissimo Italo Calvino che nel 1946 scrisse “Spiritato, diabolico, lunatico, irrazionale, capriccioso, bizzarro, giovane pittore di sbrigliata fantasia e orgogliosi intenti”. Il progetto proseguirà poi in altre quattro sedi nelle quali saranno approfonditi ulteriori momenti del percorso artistico di Mattia Moreni: al Museo Civico San Domenico a Forlì dal 18 ottobre all’11 gennaio 2026 saranno esposte le opere che risalgono al periodo delle Angurie, a cura di Rocco Ronchi; alla Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppioni di Santa Sofia (FC) dal 15 novembre all’11 gennaio 2026 saranno visibili gli Autoritratti e le opere conservate presso la Galleria che rappresentano il nucleo più cospicuo delle opere di Moreni conservate in un museo pubblico, a cura di Denis Isaia; al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna dal 30 gennaio al 17 maggio 2026 si intende rievocare la grande mostra del '65 all'allora GAM (poi diventata MAMbo) curata all’epoca da Francesco Arcangeli che rappresenta la prima personale di Moreni all'interno di un'istituzione pubblica, per la cura di Pasquale Fameli e Claudio Spadoni; e infine al MAR Museo d’Arte della città di Ravenna dal 27 febbraio al 3 maggio 2026 saranno presentate le opere appartenenti al periodo della Regressione della specie e gli Umanoidi, a cura di Serena Simoni. “Mattia Moreni. Dalla formazione a ‘L’ultimo sussulto prima della grande mutazione’” rappresenta un’occasione unica per riscoprire, con sguardo unitario, l’opera di un maestro scomodo, potente, necessario. Un artista che – già negli anni Cinquanta – critici del calibro di Michel Tapié e Pierre Restany avevano inserito tra i pochi italiani protagonisti della scena europea, riconoscendone l’assoluta originalità. Il progetto, realizzato grazie alla preziosa collaborazione e al prestito di generosi collezionisti, e al supporto di Manifattura Ceccarelli e Teikos Solutions, è accompagnato da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore che include le fotografie di tutte le opere esposte nelle cinque sedi. (gci)

NELLA FOTO. Delphine Valli, Cementina e pietra, Marrakech, 2022, fotografia da cellulare

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