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Gaza, Antigone e l’ordine costituzionale

Gaza, Antigone e l’ordine costituzionale

di Oronzo Mazzotta*

In occasione delle vaste manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia a sostegno della causa palestinese si è posto un problema di ordine giuridico relativamente alla legittimità dello sciopero promosso dalla Cgil. Trascuro qui – ed affido ai politologi – il significato politico della scelta: se sia stato posto in essere da parte di Landini per scavalcare i gruppi di opposizione e proporsi come vero leader del centro-sinistra o se il suo senso vada ricercato piuttosto nella volontà di non farsi superare da altri sindacati più battaglieri (nella latitanza di Cisl e Uil) e via discorrendo.
Quando parlo di legittimità dello sciopero mi riferisco alla manifestazione nell’ambito del pubblico impiego, regolato da una legge ad hoc, non certo a quello del settore privato, coperto dall’ombrello dell’art. 40 della Costituzione e semmai caratterizzato da una possibile qualificazione come “sciopero politico”, in quanto tale ammesso dalla Corte costituzionale da oltre mezzo secolo. Orbene uno dei requisiti di base che la legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali impone è quello di un preavviso di almeno dieci giorni, preavviso che però si può omettere “nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. Ed è proprio all’ordine costituzionale che la Cgil si è appellata rivendicando la piena legittimità della manifestazione, in questo avversata dall’Autorità garante che ne ha negato la ricorrenza.
Non è quindi del tutto inopportuno fornire qualche coordinata della discussione che permetta a ciascuno di formarsi un proprio convincimento.
Quando parliamo di ordine costituzionale dobbiamo ricordare cosa è una Costituzione e perché tutti i paesi democratici hanno ritenuto di dotarsene. Le tragedie e gli orrori del secondo conflitto mondiale hanno indotto i vari legislatori nazionali a diffidare di un ordinamento giuridico fondato esclusivamente sulla forza della legge statuale, per costruire, quale antidoto alla tirannia del comando legislativo astratto da un controllo sui suoi contenuti, una carta fondamentale contenente un sistema aperto di principi che, come ha scritto Paolo Grossi, fosse «chiamato a orientare ma anche a disciplinare concretamente tutto il divenire giuridico». Le carte costituzionali dell’occidente democratico funzionano così come germi di giusnaturalismo – cioè di valori pre-giuridici – inseriti nel seno dell’ordinamento positivo, quali guide e limiti dell’attività legislativa ed anche di quella interpretativa se necessario.
Se volete, per riandare ad un mito celeberrimo, le Carte costituzionali svolgono la funzione di Antigone, che si rifiuta di obbedire alla legge degli uomini, in ragione di principi di diritto “naturale” che le trascendono. Del resto il diritto che prende nome dal lavoro è figlio sì della rivoluzione industriale settecentesca, ma anche della rivoluzione culturale dell’illuminismo che – guarda caso – si fonda sul giusnaturalismo, cioè sull’idea che esistano dei valori universali che fanno da sfondo al c.d. diritto positivo. Per contrapposizione l’Ottocento ed ancor più il Novecento conoscono le grandi teorizzazioni del normativismo, che fondano il diritto come norma, la cui effettività è garantita dal monopolio della forza che promana dallo Stato.
Orbene il nucleo forte della nostra Carta costituzionale, in quanto tale immodificabile, è rappresentato dai principi fondamentali (artt. 1-12) e fra di essi si colloca l’art. 11, secondo cui “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Mi pare quindi poco discutibile che uno sciopero che invochi la fine di un conflitto devastante si possa collocare agevolmente entro il perimetro della norma costituzionale. Del resto la stessa Commissione di Garanzia, in una occasione analoga (sciopero contro l’intervento militare NATO in Jugoslavia nel 2000), ritenne perfettamente legittima la manifestazione collettiva, oltretutto definendo “innegabile il fatto che azioni di lotta in difesa della pace rientrano storicamente nella tradizione dei sindacati”. Ed anche la Corte costituzionale nel bilanciamento fra tutela dei diritti degli utenti e delle amministrazioni pubbliche e diritto di sciopero ha ritenuto di dare la prevalenza a quest’ultimo a protezione di diritti e interessi fondamentali della collettività.
Se vogliamo, se volete, il richiamo all’ordine costituzionale è un modo che consente di mettere in comunicazione il diritto con i valori/principi (le “non scritte leggi”) che, in qualche modo, gli preesistono, proprio come avrebbe voluto Antigone.

*Professore Emerito di Diritto del lavoro dell’Università di Pisa

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