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direttore Paolo Pagliaro

Quella voglia
di fascismo

Quella voglia <br> di fascismo

di Paolo Pagliaro

Pier Paolo Pasolini, in questi giorni ricordato   perché  sono trascorsi 50 anni dal suo assassinio,  aveva risposto con molto anticipo a una  domanda oggi attuale e cioè  se ci sia o no un ritorno del fascismo.
Lui – che aveva avuto un fratello partigiano ucciso dai partigiani comunisti, ed era egli stesso comunista– rispondeva che no, il problema non era il ritorno del fascismo ma era semmai quel processo di  generale omologazione, persino  fisiognomica,  che permeava  tutti gli strati della società, deformandola. Pasolini chiamava « nuovo fascismo»  l’appiattimento  che  distrugge tutte le particolarità sociali, linguistiche, comportamentali che caratterizzano la storia degli italiani. Il nuovo potere – sosteneva Pasolini - manipola i corpi, trasforma la coscienza, diffonde  nuovi valori alienanti e falsi, i valori del consumo.
Non stupisce dunque  che Pasolini sia citato spesso nel libro che il filosofo Roberto Esposito ha dedicato allo stesso tema, e che Einaudi ha intitolato “Il fascismo e noi”. Perché il libro  non si occupa di loro, dei fascisti, ma di noi,  del fascismo che abita il nostro spirito e la nostra condotta quotidiana, che ci fa amare il potere e desiderare quella  stessa cosa che ci domina e ci sfrutta. Esposito cita Felix Guatari , autore di un saggio esplicito già nel titolo: “Tutti vogliono essere fascisti”.  Il filosofo francese  lo scriveva nel 1973 e, come osserva Simonetta Fiori,  certo non poteva immaginare che cinquant'anni più tardi a dargli manforte sarebbe intervenuto il presidente degli Stati Uniti, il quale recentemente ha sostenuto che in molti desiderano la dittatura. Il sospetto è che abbia ragione.
(© 9Colonne - citare la fonte)