di Paolo Pagliaro
Quando, nell’agosto 2024, Daria Perrotta fu nominata Ragioniere generale dello Stato il Pd parlò di "spoil system" e disse che  la Ragioneria stava diventando "un ufficio del governo di destra", perdendo la sua "terzietà".  Dopo un anno le parti si sono invertite e ora è invece la maggioranza di centro destra  ad accusare  Perrotta di intelligenza  col nemico.  Salvini si lamenta dei tagli al Ponte sullo Stretto, Tajani vede la mano della Ragioneria nella tassa su dividendi, il leghista Armadno Siri  pensa  che nella nuova finanziaria i tecnici abbiano espropriato poteri che spettano alla politica. E tutti insieme pensano che Perrotta – voluta e difesa dal ministro Giorgetti - sia vicina al centrosinistra.
Da quando fu istituita, nel 1870, la Ragioneria -incaricata di  controllare la copertura finanziaria delle leggi  - non ha mai avuto vita facile .  Negli anni Novanta i governi dovevano rispettare vincoli imposti dal Trattato di Maastricht. La Ragioneria assunse allora un ruolo decisivo nel garantire la sostenibilità dei conti pubblici, spesso frenando le ambizioni di spesa degli esecutivi. Andrea Monorchio, ragioniere generale per 13 anni, si trovò a gestire le finanziarie di governi molto diversi tra loro – da Amato a Berlusconi, da Dini a Prodi a D'Alema– mantenendo una linea di rigore che non sempre piaceva ai politici. Dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra, la Ragioneria fu accusata alternativamente di essere troppo severa o troppo permissiva, a seconda della convenienza politica del momento.  L’anno scorso  Biagio Mazzotta , accusato di aver sottostimato l'impatto del Superbonus introdotto dal governo Conte, fu indotto alle dimissioni. Allora vinse la politica,  oggi – con il ministro che difende la Ragioneria - potrebbe prevalere il senso dello Stato.  
								(© 9Colonne - citare la fonte)
	
	
	
	
							



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