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direttore Paolo Pagliaro

A Torino l’arte del “Divino” Guido Reni

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Torino l’arte del “Divino” Guido Reni

In occasione del 450° anniversario della nascita, un’esposizione presenta un nucleo di opere che documenta l’apprezzamento della corte sabauda, fin dalla nascita delle collezioni ducali e nel corso dei secoli, tra il Seicento e l’Ottocento, per l’arte di Guido Reni. Dallo scorso 11 ottobre al 18 gennaio 2026, nello Spazio Scoperte, al secondo piano della Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino, la mostra Il “divino” Guido Reni nelle collezioni sabaude e sugli altari del Piemonte rende omaggio al pittore emiliano, in occasione dei 450 anni dalla sua nascita. La rassegna, curata da Annamaria Bava e Sofia Villano, presenta oltre venti opere tra dipinti, disegni e incisioni che documentano le diverse fasi della carriera del pittore, dagli anni giovanili alla piena maturità. Al nucleo di opere provenienti dalle collezioni dei Musei Reali, si aggiungono tre significativi prestiti dal territorio piemontese e dal Musée des Augustins di Tolosa. L’esposizione illustra l’apprezzamento della corte sabauda, fin dalla nascita delle collezioni ducali, per la pittura classicista bolognese e nello specifico per l’arte di Guido Reni (1575-1642), che già i suoi contemporanei chiamavano “il divino Guido”. Lo stile di Guido Reni, composto e luminoso, incentrato sull’armonia delle forme e sulla celebrazione di una bellezza ideale desunta dai modelli scultorei dell'antichità e dall’arte sublime dei grandi maestri del Rinascimento, doveva essere particolarmente congeniale alla ricerca di maestosità ed eleganza nella progettazione della decorazione e dell’arredo delle residenze sabaude e degli altari di corte. Il percorso espositivo si apre con le opere del maestro entrate nelle collezioni ducali nel Seicento; tra queste, le due versioni di Marsia scorticato da Apollo: quella originariamente collocata nella “Camera delle Muse” del Palazzo Ducale, successivamente requisita dalle truppe napoleoniche nel 1799 e attualmente al Musée des Augustins di Tolosa, e la sua replica seicentesca conservata nella Galleria Sabauda. L’invenzione si distingue per la forza con cui Guido Reni traduce in immagine un celebre episodio tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, ovvero la punizione inflitta da Apollo al satiro Marsia, colpevole di aver osato sfidarlo in una gara musicale. La composizione è dominata dalla figura idealizzata di Apollo, incarnazione della bellezza classica e della razionalità divina, in netto contrasto con il corpo martoriato e il volto straziato di Marsia, simbolo della tracotanza punita. Oltre che per la sua forza visiva, il dipinto si segnala per il valore simbolico: la vittoria dell’intelletto e dell’armonia apollinea sulla brutalità e sull’eccesso, un tema caro alla cultura dell’epoca e in linea con le riflessioni che dovevano svolgersi nell’Accademia romana dei Desiosi, fondata dal cardinale Maurizio di Savoia, che ricevette in dono l’opera originale dal cardinale Alessandro d’Este per legato testamentario. Appassionato mecenate e raffinato collezionista, il principe cardinale Maurizio di Savoia, soggiornò per lunghi periodi a Roma, dove ebbe modo di frequentare gli ambienti culturali della corte di papa Urbano VIII Barberini. Grande estimatore della pittura classicista, a lui si devono importanti commissioni ad artisti bolognesi, spesso legate a sofisticate e complesse scene allegoriche. Alla committenza del prelato sabaudo si può far risalire la tela con San Maurizio che riceve la palma del martirio, proveniente dal Santuario di Santa Maria dei Laghi di Avigliana (TO), luogo di antica devozione mariana e meta di pellegrinaggi, sostenuto dai Savoia con doni e offerte nel corso del Seicento come strumento di legittimazione religiosa e politica. L’impianto figurativo vede San Maurizio al centro della scena, in uniforme da legionario romano, con il volto circondato da un’aura luminosa che ne sottolinea la santità. Deposta la spada ai suoi piedi, riceve la palma del martirio da un cherubino, mentre sullo sfondo si scorge la drammatica battaglia della legione tebana da lui guidata. Nel percorso artistico di Guido Reni, il San Maurizio si colloca negli anni 1615 - 1618, in un momento di transizione nel linguaggio del maestro, dal rigore classicista del periodo precedente verso una pittura più morbida e pastosa. Un piccolo olio su rame che ritrae un’allegoria della Fama, caratterizzato da una grande raffinatezza cromatica e formale, apparteneva invece agli averi personali della duchessa di Savoia Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo I, che forse lo aveva ricevuto in dono alla fine del 1638 dal marchese Filippo San Martino d’Agliè, suo intimo consigliere. Considerata opera autografa di Guido Reni nei primi inventari e cataloghi a stampa della Reale Galleria di Torino, La Fama sembrerebbe piuttosto attribuibile alla mano di Giovanni Giacomo Sementi, collaboratore del maestro bolognese. Altre importanti tele di Guido Reni appartenevano alle raccolte di pittura del principe Eugenio di Savoia Soissons, abilissimo stratega, comandante in capo dell’esercito asburgico, ma anche raffinato bibliofilo e collezionista di opere d’arte, tra cui alte testimonianze della pittura bolognese di gusto classicista, conservate nelle sue dimore viennesi, il Palazzo di Città e la magnifica residenza extraurbana del Belvedere. Tra i dipinti confluiti nelle collezioni reali dopo la sua morte, grazie all’acquisto di re Carlo Emanuele III, e tuttora esposte in Galleria Sabauda, spiccano il San Giovanni Battista, capolavoro della tarda maturità dell’artista, il San Girolamo, collocabile anch’esso all'ultimo periodo della sua produzione e la Morte di Lucrezia, tema particolarmente frequentato dal pittore. Giunge, invece, dalle raccolte del ramo cadetto dei Savoia Carignano e viene trasferito nel Palazzo Reale di Torino nel 1831 per volere del re Carlo Alberto, il quadro raffigurante una Lotta tra amorini e putti baccanti. L’opera è considerata una seconda versione, verosimilmente autografa, della tela di analogo soggetto eseguita da Guido Reni per il marchese Ludovico Facchinetti di Bologna, oggi conservata alla Galleria Doria Pamphilj di Roma. Una parte della rassegna è dedicata a significativi esempi dell’attività incisoria di Guido Reni appartenenti al fondo di grafica della Galleria Sabauda, come una Madonna con Bambino e san Giovannino e una Sacra famiglia con due angeli in volo, composizioni ariose, di grande eleganza formale e dal segno sicuro e leggero, colme di un sentimento di devozione e tenerezza. I legami del maestro con l’editoria sono documentati dai Dissegni degl'apparati fatti in Bologna per la venuta di N.S. Papa Clemente VIII l’anno MDXCVIII intagliati da Guido Reni, pubblicati per la prima volta a Bologna nel 1598 da Vittorio Benacci, e di cui la Galleria Sabauda conserva il frontespizio e nove tavole dell’edizione senza data stampata sempre a Bologna presso Gioseffo Longhi. A questi fogli, si aggiungono due raffinati disegni a carboncino e pietra rossa attribuiti a Guido Reni presenti nelle raccolte della Biblioteca Reale: uno Studio per una testa di frate in estasi e uno Studio di testa di giovane donna avente sul verso Studi di mani, che mostrano la straordinaria maestria e inventiva del pittore per il tratto delicato, attento alla grazia delle espressioni, all’equilibrio delle proporzioni e alla resa morbida e sfumata del chiaroscuro. La mostra si completa con l’esposizione della maestosa pala raffigurante l’Assunzione della Vergine, appena riscoperta nella chiesa parrocchiale di Abbadia Alpina, frazione di Pinerolo (TO). La presenza del dipinto di Guido Reni fin dall’inizio del Seicento nell’antica e ricchissima abbazia benedettina intitolata a Santa Maria, riedificata nel XVIII secolo e oggi chiesa parrocchiale di San Verano, dà conto di un episodio di committenza di grande interesse. La tela giunse in Piemonte grazie al desiderio dell’abate Ruggero Tritonio di omaggiare la chiesa, di cui nel 1589 era divenuto abate commendatario, abbellendola con l’invio da Roma di un’opera appositamente richiesta a Guido Reni e da lui realizzata tra il 1605 e il 1606. Il dipinto viene esposto al pubblico per la prima volta dopo un complesso intervento di restauro, eseguito dal Laboratorio di Cesare Pagliero sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Diocesi di Pinerolo. La tela costituisce un tassello importante della fortuna del maestro emiliano sul territorio piemontese e documenta una preziosa testimonianza della prima attività romana dell’artista, quando il giovane pittore entra in contatto anche con la moderna pittura di Caravaggio. (gci)

INTESA SANPAOLO, A ROMA LA MOSTRA “RESTITUZIONI 2025”

Intesa Sanpaolo e Azienda Speciale Palaexpo presentano la grande mostra ‘Restituzioni 2025’ che apre al pubblico a Palazzo Esposizioni Roma dallo scorso 28 ottobre al 18 gennaio e che espone le opere restaurate nell’ambito della XX edizione di Restituzioni, il grande programma di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale che Intesa Sanpaolo conduce da oltre 36 anni in collaborazione con il Ministero della Cultura. A fronte di opere in mostra di artisti più noti al grande pubblico – Giovanni Bellini, Bartolomeo Vivarini, Giulio Romano, Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Mario Sironi, Pino Pascali – molti sono gli oggetti che testimoniano la varietà e peculiarità del patrimonio artistico italiano, offrendo l’occasione per interventi di restauro interessanti per tecnica e metodologie, come, ad esempio, l’arpicordo (spinetta pentagonale) di Giovanni Antegnati, di metà Cinquecento, la draisina ottocentesca (antenata della bicicletta) da Gallarate (VA), l’arco da Samurai e la barca siamese dal Castello Ducale di Agliè (TO), la barca cucita (metà II – fine I secolo a.C.) di oltre 4 metri dal MAN di Adria (RO), due abiti in stile Charleston da Roma, la pianeta e la stola di manifattura messicana in penne di colibrì da Roma, il letto in osso di età romana da Chieti, il grande Reliquiario a tabella da Serra San Bruno (VV). Per la prima volta, Restituzioni apre agli strumenti scientifici, con una macchina planetaria dal Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Splendidi la Cariatide da Villa Adriana di Tivoli (RM), l’Arazzo dell’Ingresso in Palestina dell’esercito di Vespasiano e Tito dalla Fondazione Cini di Venezia, la Croce dipinta da Pisa, l’arazzo su cartone di Raffaello del Museo Pontificio della Santa Casa di Loreto (AN), la Madonna con il Bambino di Pietro Alemanno da Capua (CE), il rilievo rinascimentale del Bargello di Firenze e quello costantinopolitano di Ravenna, così come i dipinti di Simone Peterzano da Como, di Fra’ Galgario dalla Pinacoteca di Brera di Milano, di Colantonio da Capodimonte. Forte il nucleo di dipinti secenteschi, con opere di Nicolas Régnier (Torino), Luca Giordano (Genova), Ludovico David (Roma), Giovanni Lanfranco (Roma), Battistello Caracciolo (Campobasso), Mattia Preti (Reggio Calabria). L’arte moderna/contemporanea è presente con opere di Mario Sironi, Massimo Campigli, Hans Lendorff, Giulio Aristide Sartorio, Angelo Zanelli, Felice Carena, Emanuele Cavalli, Pino Pascali. Un’importante collaborazione internazionale Italia-Belgio ha permesso il recupero del Retablo con la Adorazione dei Magi della chiesa milanese dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore (San Nazaro in Brolo), operato dall’Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA) di Bruxelles. Commissionata sul finire del XV secolo per la cappella di famiglia dal ricco mercante milanese Protasio Bonsignori da Busto, impegnato nei commerci con il Nord Europa, l’opera è stata attribuita con certezza a Jan II Borman, della celebre famiglia di scultori di Bruxelles. Il restauro è frutto della collaborazione internazionale posta in essere da Soprintendenza e Diocesi di Milano, Fondation Périer-d'Ieteren, Fonds Jean-Jacques Comhaire e Fonds René et Karin Jonckheere gestiti dalla Fondation Roi Baudoin e Intesa Sanpaolo. Un ulteriore restauro monumentale è la realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria sugli affreschi nell'abside della chiesa di Santa Maria foris portas presso il Parco Archeologico di Castelseprio (VA). Tra le più importanti testimonianze per lo studio dell’arte pittorica medievale lombarda, il ciclo di affreschi rappresenta scene dell’infanzia di Cristo con episodi tratti dai Vangeli apocrifi anche piuttosto rari. L’intervento realizzato nell’ambito di Restituzioni ha consentito una mappatura completa dello stato di conservazione degli affreschi e interventi di pulitura, iscrivendosi nell’ampio programma di attività di tutela, studio e ricerca intrapreso dal Parco di Castelseprio per conto della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia. Dal 1989 il Gruppo guidato da Carlo Messina collabora con gli Enti ministeriali preposti alla tutela (Soprintendenze, Direzioni Regionali Musei Nazionali e Musei autonomi) per individuare opere bisognose di restauro appartenenti a musei pubblici, privati o ecclesiastici, siti archeologici e chiese di tutta Italia e ne sostiene gli interventi. L’obiettivo è quello di recuperare beni rappresentativi della varietà del patrimonio storico-artistico italiano, sia in termini cronologici sia in termini di materiali e tecniche, capolavori d’indubbia rilevanza, così come opere importanti per le radici culturali dei territori. Al termine degli interventi di ciascuna edizione, le opere restaurate sono esposte in una mostra dove il pubblico può apprezzare il risultato del lavoro dei restauratori. Dall’avvio del progetto nel 1989 sono oltre 2200 le opere “restituite” alla collettività. L’esposizione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, prodotta e organizzata da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale, presenta il risultato dei restauri che Intesa Sanpaolo ha sostenuto tra gli anni 2022 e 2025: 117 opere esposte delle 128 restaurate provenienti da tutte le regioni d’Italia appartenenti a 67 enti proprietari, tra musei pubblici e diocesani, chiese e luoghi di culto, siti archeologici, selezionate da persone competenti in materia di storia dell’arte di Intesa Sanpaolo insieme a 51 enti di tutela (Soprintendenze, Direzioni Regionali Musei Nazionali e Musei autonomi) con l’unico criterio di ascoltare le esigenze dei territori . La curatela scientifica è di Giorgio Bonsanti, Carla Di Francesco e Carlo Bertelli in qualità di curatore emerito. In questa XX edizione hanno lavorato 60 laboratori di restauro e decine di conservation scientist impegnati nella diagnostica, tra i quali figurano il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” di Torino e l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma. Le opere restaurate coprono un arco cronologico di 35 secoli, spaziando dall’antichità al contemporaneo e fornisce così un ampio panorama del patrimonio artistico italiano. Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, afferma: “Restituzioni giunge alla ventesima edizione confermando, in quasi quarant’anni di storia, un impegno portato avanti con cura e dedizione da Intesa Sanpaolo, una grande impresa privata che è al fianco delle istituzioni pubbliche nel proteggere la bellezza artistica, l’identità e le radici culturali del Paese. Oggi condividiamo il recupero di oltre120 preziosi pezzi del patrimonio d’arte nazionale, a conclusione di un appassionato percorso di lavoro e approfondimento fatto con importanti studiosi e con i migliori professionisti del restauro, eccellenza italiana nel mondo. Ammirare queste opere, a Roma nell’anno del Giubileo, sottolinea in modo particolare il valore del progetto Restituzioni, un’assunzione di responsabilità nei confronti del patrimonio culturale italiano e delle tante comunità locali coinvolte”. Marco Delogu, presidente Palaexpo, afferma: “Arriva a Roma Restituzioni. Arriva nella città eterna, che per definizione custodisce una straordinaria tradizione di restauro. Ricordo con gratitudine figure come Cesare Brandi, Giovanni Urbani e Michele Cordaro, che alla guida dell’Istituto Centrale del Restauro hanno lasciato un’eredità fondamentale nella storia dell’arte e della conservazione. La mostra parte da sei statue di età romana e ci conduce in un percorso straordinario che unisce linguaggi e secoli diversi, fino all’opera di Pino Pascali, più volte esposto nel nostro Palazzo. Fondamentale in questo progetto è il ruolo di Azienda Speciale Palaexpo, che collabora alla produzione della mostra, confermando la sua missione di promuovere e condividere la conoscenza dell’arte in tutte le sue forme. Il grande valore di Restituzioni 2025 è quello di mettere al centro il lavoro delle restauratrici e dei restauratori, protagonisti silenziosi ma essenziali, il cui sapere tecnico e scientifico è oggi decisivo tanto per l’arte antica quanto per quella contemporanea. A loro, agli artefici di questi restauri, vorrei idealmente dedicare questa mostra”. Non sono in mostra per ragioni dimensionali e conservative due colossali opere del territorio bresciano: Il Martirio di San Vitale di Sebastiano Ricci dalla chiesa di San Vitale a Seniga e La Vergine che intercede presso Dio la liberazione delle anime purganti di Andrea Celesti dalla chiesa di San Giovanni di Mura a Palazzolo sull’Oglio, nonché il Compianto sul Cristo morto, composizione di otto sculture in terracotta policroma di Agostino de Fondulis e di un plasticatore che rimane ancora ignoto (secondo decennio-prima metà del XVI secolo) della chiesa di San Sepolcro a Milano. Non presente in questo percorso espositivo anche il Cavallo colossale di Antonio Canova, imponente scultura in gesso custodita ai Musei Civici di Bassano del Grappa (VI), finalmente ricomposto nella sua interezza dopo la sua riduzione in pezzi avvenuta negli anni Sessanta. Anch’esso restaurato in questa XX edizione di Restituzioni, farà simbolicamente da trait d’union tra la mostra romana e l’esposizione che il museo di Intesa Sanpaolo delle Gallerie d’Italia di Milano dedicherà all’età napoleonica Eterno e Visione. Roma e Milano capitali del Neoclassicismo, aperta al pubblico dal 28 novembre 2025, dove sarà esposto insieme al mantello e agli onori di Napoleone della Pinacoteca di Brera, restaurati nella scorsa edizione di Restituzioni, la diciannovesima. Significativo il lavoro archivistico pubblicato sul sito www.restituzioni.com, che documenta, rendendolo accessibile a tutti, l’impegno di oltre trent’anni di attività e di evoluzione del restauro in Italia, spesso oggetto di studio in ambito accademico e per le professioni di tutela del patrimonio.  In occasione della mostra, debutterà sul sito web Restituzioni.com l’area di racconto “Restories”, che permetterà alle opere d’arte restaurate di “narrare” le loro storie ai visitatori della mostra al Palazzo delle Esposizioni e a tutti gli appassionati. La guida cartacea e il catalogo generale pubblicato on-line sono realizzati da Società Editrice Allemandi. In 36 anni sono oltre 2200 le opere “restituite” alla collettività: una sorta di ideale museo, con testimonianze che spaziano dalle epoche più lontane fino all’età contemporanea, dall’archeologia all’oreficeria, alle arti plastiche e pittoriche. Sono centinaia i musei, i siti archeologici, le chiese, garanti della destinazione pubblica dei propri tesori, che hanno beneficiato di questo programma, altrettanti i laboratori di restauro qualificati, distribuiti da Nord a Sud, incaricati dei restauri ed altrettanti gli studiosi coinvolti nella redazione delle schede storico-critiche per i cataloghi. Un curriculum a cui si affiancano gli interventi su opere di scala monumentale, che hanno interessato, ad esempio, i mosaici pavimentali paleocristiani della Basilica di Aquileia, gli affreschi di Lanfranco nella Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo di Napoli, quelli di Altichiero e Avanzo nella Cappella di San Giacomo nella Basilica del Santo a Padova, il portale in bronzo della Basilica di San Marco a Venezia, gli affreschi di Stefano fiorentino dell’Abbazia di Chiaravalle milanese (per i 20 anni di Restituzioni), due delle vetrate rinascimentali di Santa Maria del Fiore a Firenze, l’intera realtà museale di Casa Manzoni a Milano, il grande telero della Cena di san Gregorio Magno di Paolo Veronese nella Basilica di Monte Berico a Vicenza (per i 30 anni di Restituzioni). Restauri monumentali più recenti: il cinquecentesco monumento in marmo raffigurante la Madonna del Parto di Jacopo Sansovino conservato nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma, gli affreschi di Girolamo di Romano, detto il Romanino, rinvenuti durante i lavori di restauro dell’organo Antegnati-Serassi nel Duomo Vecchio di Brescia. Oltre al programma Restituzioni per la salvaguardia del patrimonio pubblico, Intesa Sanpaolo esprime il suo impegno in ambito culturale attraverso la valorizzazione a livello nazionale e internazionale del suo cospicuo e prestigioso patrimonio storico, artistico, architettonico e archivistico - in particolare con la collezione di 40 mila opere inserite nel bilancio a fair value e nei musei di Intesa Sanpaolo, le Gallerie d’Italia a Milano, Napoli, Torino e Vicenza, con l’intento di renderlo disponibile alla collettività. (red)

NELLA FOTO. Guido Reni, San Giovanni Battista, 1635 circa, olio su tela, Torino, Musei Reali- Galleria Sabauda (dettaglio)

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