Dopo il tragico crollo della Torre dei Conti, costato la vita a un operaio impegnato nei lavori di messa in sicurezza, il presidente nazionale di Archeoclub d’Italia, Rosario Santanastasio, rilancia l’appello per un censimento nazionale dei beni culturali abbandonati o a rischio in tutto il Paese. “I dati ISTAT indicano che solo il 17% dei musei italiani ha dichiarato di aver effettuato adeguamenti sismici – spiega Santanastasio –. Se consideriamo la totalità dei beni culturali, e teniamo presente che l’Italia è il Paese con il maggior numero di siti UNESCO al mondo, questo dato fa riflettere su quanto sia importante valutare un censimento del patrimonio culturale”. Secondo il presidente di Archeoclub, un censimento non si limiterebbe a una semplice catalogazione, ma costituirebbe “uno strumento operativo per analizzare lo stato di conservazione, la capacità di resistenza delle strutture e il livello di adeguamento sismico in relazione agli eventi naturali di maggiore intensità, che possono provocare danni significativi”. “È ovvio – aggiunge Santanastasio – che realizzare un censimento dei beni culturali implica diversi fattori: quello organizzativo, quello legato alla specificità dei siti, quello professionale e anche quello della conoscenza degli ambiti in cui si vanno a realizzare determinati interventi. Si tratta di un lavoro complesso, che può riguardare tanto il consolidamento strutturale quanto interventi di manutenzione o valorizzazione.” Per Santanastasio, la chiave è la prevenzione: “Alcune strutture da anni non vengono più considerate dal punto di vista della salvaguardia e della sicurezza. Per questo è necessario ipotizzare un piano, o addirittura pensare alla creazione di un fascicolo dei fabbricati dei beni culturali — una sorta di documento di riferimento — che consenta di avere un quadro aggiornato della situazione a livello nazionale.”
Sulla stessa vicenda interviene anche Francesca Brancaccio, architetto ed esperta in conservazione dei beni culturali, membro del consiglio direttivo di Archeoclub d’Italia Roma 3 e di ICOMOS. “Bisognerebbe rivedere il progetto e conoscere lo stato dei luoghi prima dell’esecuzione dei lavori” sottolinea Brancaccio. “Quindi, non ho alcuno strumento per poter valutare ciò che sicuramente dei tecnici hanno fatto prima di me, sia in fase preliminare sia in fase di progettazione esecutiva. Sicuramente il PNRR, e in particolare per quanto riguarda il settore del restauro, è stato un grande acceleratore: un importante strumento che ha messo in evidenza alcuni edifici e restauri importanti. Tuttavia, ha imposto una cogenza di tempi e modalità procedurali che non sempre si adattano alle specificità del restauro”. L’esperta evidenzia come: “il restauro, per la fragilità dei materiali e della sostanza stessa, richiede tempi di comprensione, di progettazione e di lavorazione che spesso non trovano spazio nelle nostre procedure amministrative. Purtroppo, anche se non posso dire che sia questo il caso – perché ovviamente spetterà alle autorità giudiziarie comprendere quali siano state le motivazioni – dalla mia esperienza posso affermare che è difficile rispettare questi tempi e queste rigidità.” Brancaccio sottolinea inoltre che il problema non riguarda solo la qualità dei lavori, ma anche la sicurezza di chi opera nei cantieri: “Alla fine, purtroppo, sono i lavoratori a essere esposti a rischi enormi. E questo accade in qualsiasi tipo di cantiere: anche quando c’è un rispetto formale di tutte le norme, il rischio d’incidenti rimane sempre possibile. Esprimo quindi la mia solidarietà a tutte le persone che hanno seguito queste procedure e che, nonostante tutto, si trovano a confrontarsi con queste situazioni drammatiche. Perché, alla fine, la vita umana è la cosa più importante da proteggere, sempre e comunque”.
Le parole di Santanastasio e Brancaccio convergono su un punto: la necessità di una strategia nazionale per la tutela e la sicurezza dei beni culturali, fondata su conoscenza, programmazione e rispetto dei tempi tecnici del restauro. Solo così, sottolineano entrambi, sarà possibile garantire la sicurezza dei lavoratori, la conservazione del patrimonio e la salvaguardia della memoria storica che esso rappresenta.
(5 NOV – lug)
(© 9Colonne - citare la fonte)



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