di Piero Innocenti
(© 9Colonne - citare la fonte)
Non è per niente incoraggiante il quadro della rete criminale, dei collegamenti internazionali e dei traffici di droga che emerge nei Balcani. L’Adriatico, più che dividerci, ci unisce alla penisola balcanica: una corta e comoda autostrada d’acqua estremamente economica per i trasporti e, nel contempo, difficile da controllare. Dopo l’allargamento dell’Europa verso i Paesi dell’Est avvenuto nel 2004 ora altri Paesi tra cui Turchia, Albania, Serbia, Montenegro e Macedonia, premono per entrare in Europa non appena saranno in grado di superare “l’esame di ammissione”. E’ una prospettiva che pone più di un problema ai professionisti della sicurezza. Documenti ufficiali ed analisi quantificano i rischi che l’apertura ai Paesi dell’Est europeo comporterà, data la facilitazione dei movimenti e dei traffici delle mafie.
Lo scenario albanese, in particolare, è quello che desta maggiore preoccupazione ed è già da diversi anni che magistratura e forze di polizia si sono resi conto dei seri pericoli che potevano venire dai gruppi criminali albanesi in affari con la criminalità di casa nostra. In realtà i rapporti dei criminali albanesi con la mafia italiana erano rilevanti anche ai tempi di Hoxha ( capo del regime albanese per decenni) relativamente al traffico delle armi, della droga e delle auto rubate. Una volta caduto il regime comunista i rapporti si sono semplicemente rafforzati e si sono diversificati i settori di interesse.
Per esempio, sembra accertato che sia stata la mafia italiana ( in particolare quella pugliese della Sacra Corona Unita) ad iniziare il traffico di clandestini nel 1991. Il “pericolo albanese” era già stato evidenziato dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) che in un rapporto di analisi dell’ottobre 2001 sottolineava come lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di clandestini costituivano “..il volano finanziario di tutte le altre attività illecite dei gruppi albanesi”. Il commercio degli stupefacenti per la criminalità albanese è sempre importante ma senza rinunciare alle altre due lucrose attività in cui è stata raggiunta un’alta specializzazione richiesta anche dalla criminalità turca e cinese per il traffico di clandestini.
Feroci e determinati, i membri delle singole bande appartengono tutti allo stesso nucleo familiare, alle stesse città o addirittura allo stesso quartiere. Come i clan calabresi, la criminalità organizzata albanese ha una struttura orizzontale all’interno della quale è riconoscibile solo il capo che però rimane, di norma, in Albania e impartisce gli ordini ai suoi uomini di fiducia. A fare i lavori sporchi ci pensa una manovalanza affamata e disposta a tutto per pochi soldi. Non vanno sottovalutati anche i possibili collegamenti tra gruppi integralisti islamici e criminalità albanese.
Già nel luglio 2004 i nostri servizi di intelligence avevano segnalato la costituzione di un gruppo integralista denominato Jihad Al Djadid composto in prevalenza da cittadini di origine afgana, marocchina, giordana, azera e yemenita, in “affari”con la criminalità di Durazzo per un traffico di droghe al fine di autofinanziarsi. Il pericolo di un radicamento dell’estremismo islamico nell’area balcanica (Kosovo,Serbia, Bosnia-Erzegovina) può determinare un innalzamento della minaccia terroristica nei paesi vicini alla regione balcanica, tra cui il nostro.
Per esempio, sembra accertato che sia stata la mafia italiana ( in particolare quella pugliese della Sacra Corona Unita) ad iniziare il traffico di clandestini nel 1991. Il “pericolo albanese” era già stato evidenziato dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) che in un rapporto di analisi dell’ottobre 2001 sottolineava come lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di clandestini costituivano “..il volano finanziario di tutte le altre attività illecite dei gruppi albanesi”. Il commercio degli stupefacenti per la criminalità albanese è sempre importante ma senza rinunciare alle altre due lucrose attività in cui è stata raggiunta un’alta specializzazione richiesta anche dalla criminalità turca e cinese per il traffico di clandestini.
Feroci e determinati, i membri delle singole bande appartengono tutti allo stesso nucleo familiare, alle stesse città o addirittura allo stesso quartiere. Come i clan calabresi, la criminalità organizzata albanese ha una struttura orizzontale all’interno della quale è riconoscibile solo il capo che però rimane, di norma, in Albania e impartisce gli ordini ai suoi uomini di fiducia. A fare i lavori sporchi ci pensa una manovalanza affamata e disposta a tutto per pochi soldi. Non vanno sottovalutati anche i possibili collegamenti tra gruppi integralisti islamici e criminalità albanese.
Già nel luglio 2004 i nostri servizi di intelligence avevano segnalato la costituzione di un gruppo integralista denominato Jihad Al Djadid composto in prevalenza da cittadini di origine afgana, marocchina, giordana, azera e yemenita, in “affari”con la criminalità di Durazzo per un traffico di droghe al fine di autofinanziarsi. Il pericolo di un radicamento dell’estremismo islamico nell’area balcanica (Kosovo,Serbia, Bosnia-Erzegovina) può determinare un innalzamento della minaccia terroristica nei paesi vicini alla regione balcanica, tra cui il nostro.




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