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direttore Paolo Pagliaro

PARLA IL ‘GURU’ DI GPT: L'IA
PRESTO DECIDERA’ PER NOI

PARLA IL ‘GURU’ DI GPT: L'IA <br> PRESTO DECIDERA’ PER NOI

“Non abbiamo la minima idea di quanto oltre il livello umano si possa andare e di cosa si possa fare con quell'intelligenza. Ci sono tutti gli altri argomenti che si sentono in giro, ma quello che mi piacerebbe vedere discusso molto di più è: come dovremmo anche solo pensare a un'intelligenza enormemente sovrumana?” Lo afferma il fondatore di OpenAl, Sam Altman, in una intervista a Tyler Cowen, economista e conduttore del podcast Conversations with Tyler, registrata durante una conferenza organizzata dal Roots of Progress Institute e riportata da Il Foglio. “La mia storia più probabile su come funziona tutto questo, su come il mondo diventa radicalmente migliore, è che mettiamo una superintelligenza davvero potente nelle mani di tutti. La rendiamo facilissima da usare, integrata bene, con bei dispositivi, connessa a tutti i tuoi servizi. Ti conosce lungo la tua vita. Fa le cose per te” e “c'è una possibilità che GPT-6 rappresenti per la scienza il salto che c'è stato da GPT-3 a GPT-4 per il test di Turing: dove GPT-5 mostra bagliori minuscoli, GPT-6 potrà davvero farlo”. “Sospetto che ci sia qualcosa di nuovo da costruire, qualcosa che sostituirà buona parte dell'attuale "suite di produttività da ufficio": documenti, slide, email, Slack e tutto il resto – sottolinea -. Una versione guidata da AI, in cui non aggiungi solo un plugin orribile che ti scrive un documento o riassume una conversazione, ma in cui il tuo agente AI e il mio agente AI fanno la maggior parte del lavoro e ci interpellano solo quando serve. Penso che finalmente ci sia la possibilità per qualcuno di costruire questa soluzione”. E aggiunge: “Cosa dovrebbe accadere perché un ceo artificiale riesca a dirigere OpenAl meglio di me - cosa che sicuramente accadrà un giorno? Come possiamo accelerare quel momento? Cosa lo impedisce?”. Tra quanto tempo potrà esistere una singola divisione di OpenAl gestita per l'85 per cento da intelligenze artificiali? “Tra numero di anni a una sola cifra. Non molto lontano”, “se posso fingere di essere un politico - che non è la mia dote naturale - allora può farlo anche un'AI. Mettiamo che io resti coinvolto solo per la parte pubblica o istituzionale. Le decisioni vere, la direzione strategica: quelle può prenderle lui”. Avremo aziende da miliardi di dollari gestite da due o tre persone con le AI, fra due anni e mezzo. Prima pensavo un anno, ma ho spostato un po' in avanti la previsione? “Credo che l'AI potrà farlo anche prima. E penso che sarà una buona cosa per la società e per il futuro, non una cattiva. Le persone tendono ad avere molta più fiducia negli altri esseri umani che in un'intelligenza artificiale, anche quando non dovrebbero, anche se è irrazionale. Il medico AI può essere migliore, ma vuoi comunque quello umano. Quindi credo che ci vorrà più tempo perché la società si senta davvero a suo agio con questo, e anche le persone dentro le organizzazioni. Ma nel merito delle decisioni, nella maggior parte dei casi, le AI saranno brave molto presto”.  Inoltre sottolinea: “La gente adora creare i propri contenuti e anche guardare i video generati da AI degli altri. Ma credo che il vero prodotto nuovo sarà qualcosa di diverso, basato sul momento in cui io, tu e tutti gli altri avremo agenti personali molto avanzati. Ci saranno nuove dinamiche sociali da inventare”, “vogliamo creare un nuovo tipo di computer, con una nuova interfaccia pensata per l'AI. Credo che l'AI richieda qualcosa di completamente diverso dal paradigma informatico degli ultimi cinquant'anni, in cui siamo bloccati. L'AI cambia radicalmente lo spazio delle possibilità: mette in discussione persino l'idea che tu debba avere un sistema operativo, aprire finestre o digitare query”. E ancora: “Se esiste un processo, qualunque esso sia, con cui l'umanità decide cos'è un 10, puoi immaginare di fornirlo come segnale a un'AI”. Altam nella lunga conversazione non svia anche da preoccupazioni: “Quello che mi preoccupa non è una manciata di casi di persone sul punto di perdere il contatto con la realtà - quelli possiamo gestirli. Quello che mi preoccupa davvero è un'altra cosa: l'AI che prende il controllo accidentalmente. Non perché voglia manipolarti, ma perché, mentre il mondo intero interagisce con un unico modello, questo impara continuamente da noie, senza intenzione, ci convince lentamente di qualcosa. Non con propaganda deliberata, ma per semplice coevoluzione tra noi e lei. E' meno teatrale della "psicosi da chatbot". Ma è quello a cui penso più spesso”. (10 nov - red)

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