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direttore Paolo Pagliaro

ZUPPI: LA PACE CRESCE
IN COMUNI E PARROCCHIE

ZUPPI: LA PACE CRESCE <BR> IN COMUNI E PARROCCHIE

La seconda giornata della quarantaduesima Assemblea annuale dell’ANCI, in corso a Bologna, ha affrontato temi centrali nel dibattito pubblico, come la pace e il diritto all’abitare. Durante il panel dal titolo “Sindaci costruttori di Pace”, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha sottolineato il ruolo dei Comuni e delle parrocchie nella costruzione di un percorso di pace. “Papa Leone, nell’unico incontro che ha avuto finora e con cui ci ritroveremo la settimana prossima ad Assisi, ha chiesto che tutte le parrocchie diventino case di pace e di non violenza. Ha detto: ‘Dobbiamo sfuggire alla globalizzazione dell’impotenza’. Papa Francesco ha sempre parlato della globalizzazione dell’indifferenza. A un certo punto si arriva a pensare: ‘Basta che le pallottole non arrivino qui, che non mi tocchi, non mi riguarda’”. Zuppi ha ricordato come “Anche solo un piccolo gesto di solidarietà ha un significato enorme, sia per chi riceve, perché vuol dire ‘si sono ricordati di me’, sia per chi dona. Chi ha portato qualcosa in Ucraina sa, per esempio, come venga accolto anche un aiuto piccolo… Anche una goccia vuol dire cambiare qualcosa”. Il cardinale ha poi aggiunto: “In tutti i Comuni ci sono lapidi con tanti nomi. Mi ha sempre colpito che in ogni città, in ogni paese, anche nei più piccoli, ci siano i nomi delle persone morte nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. E non è pensabile che noi sciupiamo quell’eredità. Noi dobbiamo assolutamente fare in modo che quella consapevolezza — mai più la guerra — significhi qualcosa. Mai più senza gli altri, mai più contro gli altri”.

Sul fronte umanitario, Zuppi ha sottolineato: “Noi, come Chiesa, ci siamo occupati molto dell’aspetto umanitario: i bambini ucraini, per esempio, che si trovano in Russia o sotto autorità russe. Bisogna fare di tutto per i rimpatri. E qualunque azione umanitaria, a mio parere, non deve mai entrare nella rissa delle polarizzazioni. Nell’umanitario c’è sempre qualcosa di sacro, perché c’è la persona, e non deve mai diventare terreno di scontro. Deve restare sempre al di sopra. E anche nelle nostre comunità deve essere qualcosa che mobilita tutti, al di là delle convinzioni personali. Perché l’umanitario è il primo modo per combattere la disumanità, quella disumanità che genera altra disumanità: la violenza e la guerra”. Il cardinale si è poi soffermato sul tema della difesa e del riarmo, spiegando: “L’articolo della nostra Costituzione che ripudia la guerra. La ripudia. E ‘ripudiare’ è qualcosa di più che ‘rifiutare’. Chi ha scritto quelle parole, chi aveva le mani ancora sporche di sangue e di macerie, sapeva che non bastava dichiarare di ripudiare la guerra. Chi ripudia la guerra non è un irenico che pensa a un mondo che non esiste. Infatti, la seconda parte dell’articolo dice che rinunciamo a una parte della nostra sovranità in cambio di una sovranità capace di comporre i conflitti. E la terza parte dice che sosteniamo gli organismi internazionali. Ora, se non c’è questo, è chiaro che il ricorso alla logica della forza è pericolosissimo, perché la forza genera forza: non c’è niente da fare.” Zuppi ha aggiunto: “La difesa è una cosa seria. Nessuno pensa che non debba esserci una difesa. Ma tra difesa e riarmo c’è una grande differenza. Teniamole ben distinte. La difesa deve esserci, non c’è dubbio. […]. Solo una difesa europea può garantire efficacia […] L’Europa deve dotarsi degli strumenti adeguati e spero che risponda a quell’accumulo di umanità che porta con sé, svolgendo la funzione che deve avere nel mondo: essere luogo di dialogo, di diritto, per sfuggire alla logica della forza. Solo così si può immaginare un futuro di pace. Altrimenti accettiamo di tornare indietro. I nostri genitori — o i nostri nonni, per chi è più giovane — non volevano la tregua, volevano la pace. Ci hanno consegnato un’architettura di pace. L’Europa non voleva un’ennesima tregua, perché sapeva che la terza guerra mondiale sarebbe stata l’ultima. Questa era la consapevolezza di quella generazione. Non perdiamola. Non perdiamo la memoria e continuiamo a costruire la pace. Garantire la difesa, sì, ma perché i conflitti si risolvano con la forza del diritto — una forza che difende la persona”.

Sull’importanza della comunità, Zuppi ha sottolineato: “Oggi c’è molta più paura, più rabbia, più rassegnazione, e poi c’è il chiudersi. Ecco, in questo senso, credo che costruire comunità ed essere Comuni di pace sia fondamentale. Papa Leone ha chiesto alle parrocchie e alle comunità di essere luoghi di pace, ma credo si possa tranquillamente chiedere che anche tutti i Comuni siano Comuni di pace e di non violenza… Questo vuol dire anche risolvere tanti conflitti che, in tanti modi, prendono spazio nelle nostre realtà, anche perché purtroppo c’è molta più solitudine, molto più individualismo. Il senso di comunità si è molto attenuato. In questo credo che abbiamo una responsabilità straordinaria: ricostruire il pensarsi insieme, ricostruire la rete del noi. È un po’ banale dirlo, ma è vero: l’io senza il noi si perde, impazzisce. L’io senza il noi si ammala: deve gonfiarsi o difendersi da un ‘noi’ che non capisce e sente come competitivo. Per questo i Comuni — così come le parrocchie e le comunità — sono i luoghi principali in cui si può ricostruire la comunità… L’amore per il territorio, per il proprio campanile, è importante, importantissimo: sono le nostre radici, la nostra identità. Ma se quel campanile non è collegato, isola. Al contrario, acquista un valore enorme quando sa entrare in rete e pensarsi insieme […]. Chi ha chiara la propria identità non ha timore ed è capace di accogliere. Non perché perde se stesso, ma perché sa chi è”. Turismo e diritto all’abitare sono altri due temi affrontati nel corso della mattinata, quando il ministro del Turismo Daniela Santanchè è intervenuta durante il panel dal titolo “Diritto all’abitare, dovere di rigenerare”, difendendo il ruolo degli affitti brevi nell’accogliere i turisti nel Paese: “Sgombriamo il campo: l’argomento è che gli affitti brevi non sono il problema e vi lascio una domanda su cui riflettere e fare ognuno le proprie considerazioni. Vi do un dato: il 50% del turismo nazionale è concentrato in 10 regioni, il 75% del turismo è concentrato sul 4% del territorio… Per ospitare tutti i turisti che arrivano nel nostro Paese come potremmo fare se non avessimo gli affitti brevi? Non potremmo ospitarli perché non abbiamo strutture ricettive adeguate per numero e qualità”. Il ministro ha spiegato le iniziative del Governo per monitorare gli affitti brevi e supportare i Comuni: “Abbiamo, come Governo e ministero, messo a disposizione uno sportello per tutti i Comuni italiani, per vedere quanti sono gli affitti brevi: una sorta di cruscotto per conoscere anche dove sono ubicati… Mi sto occupando anche dei Comuni che hanno fenomeni di over tourism, per valorizzare le realtà in cui il turismo è meno diffuso. La nostra visione e strategia non è quella di portare un turista solo a Roma, ma, se quel turista che sta a Roma ha diverse altre opportunità, sta nella nostra capacità di mettere in rete altre occasioni per accogliere tutte le offerte turistiche di tutti i Comuni. La politica deve sostenere il lavoro di squadra, perché è con essa che si vince, mettendo insieme pubblico, privato e partenariati. La vera sfida da vincere è quella del potenziamento dell’offerta e della qualità dei servizi sul territorio”. (13 NOV)

 

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