Roma, 14 nov – “Gli insulti che riceviamo in quanto donne? Non è colpa nostra, è colpa loro”. Parte da qui, dal ribaltamento di uno schema culturale che spesso porta le donne a sentirsi responsabili delle offese subite, la decisione della sottosegretaria Matilde Siracusano di tornare a parlare pubblicamente degli insulti e delle minacce sessiste ricevute sul web. Un fenomeno costante, racconta, “perché tutte le donne che si espongono sui social quotidianamente vengono bersagliate da insulti di ogni genere”. Siracusano ieri aveva pubblicato un video su Instagram in cui rispondeva ad alcuni tra i più commentabili insulti sessisti scegliendo l’ironia – “non è nel mio stile, non sono neanche una grande battutista” – come forma di autodifesa e soprattutto come messaggio alle più giovani: “L’istinto immediato è pensare ‘è colpa mia, ho fatto qualcosa che non va’. No. Non è così. È colpa loro, non delle donne”. La sottosegretaria ricorda che non è la prima volta che denuncia pubblicamente questi episodi: “Da quando sono in Parlamento ne ho subite di tutti i colori, ho iniziato già nel 2018 a reagire contrattaccando, perché per me il contrattacco è sempre la miglior difesa”. Ma accanto alla dimensione personale, sottolinea, serve un salto di qualità sul piano normativo. L’attuale sistema di tutele, soprattutto per le offese via web, è del tutto insufficiente: “Le donne mi dicono ‘non denuncio perché tanto la denuncia viene archiviata’. Spesso non si riesce neanche a individuare l’identità dell’hater, perché si nasconde dietro profili falsi. Dobbiamo partire dall’identificazione obbligatoria, anche attraverso un documento d’identità. Alcune proposte sono già depositate, adesso in Parlamento dobbiamo lavorare insieme per trovare soluzioni più efficaci e scientificamente solide”.
Dal piano digitale a quello culturale, il passaggio è diretto. Siracusano allarga il discorso ai temi su cui in questi giorni si sta misurando il Parlamento: l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e l’introduzione nella legge del concetto di “consenso libero e attuale”, senza il quale si configura il reato di violenza sessuale. “Sul femminicidio abbiamo scritto una bella pagina, c’è stata convergenza sul nuovo emendamento approvato in Commissione Giustizia”, sottolinea. Ma su altri fronti “il consenso divide”. Il riferimento è alla durissima polemica sul consenso informato dei genitori per la partecipazione degli studenti a laboratori extracurriculari sull’educazione sessuale. “È stato un dibattito fuorviante, lontano dalla realtà. Io ritengo che il consenso sia uno strumento sano per le famiglie: l’ho firmato anche io per mio figlio alla scuola dell’infanzia, per lo psicologo. È uno strumento che aiuta a capire se abbiamo dato ai nostri figli l’infrastruttura emotiva per affrontare autonomamente alcune tematiche”. Secondo la sottosegretaria, però, su questi temi “si è preferita la strumentalizzazione propagandistica”. E chiama tutti – maggioranza e opposizione – a un cambio di passo: “Ci sono sensibilità diverse, ma dovremmo fare uno sforzo di maturità. Anche il ministro Valditara è stato bersaglio di offese inaccettabili. Non è così che si trovano soluzioni”.
(PO / Sis)
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