"La realtà del ceto medio in Italia è profondamente cambiata in questi ultimi anni, determinando condizioni che, complessivamente considerate, ne fanno oggi la classe sociale a maggior rischio e a minor sostegno pubblico. E allora è giusto, dopo che per anni, altrettanto giustamente, il Governo si è concentrato sulle fasce reddituali più basse (al netto se siano veritiere o meno), che il Governo sostenga ora con le dette misure il ceto medio, anche quello che dichiara 'addirittura' 50.000 euro (lordi) ed oltre, pari peraltro solo al 5,8% della popolazione (se questo fosse credibile)? I 2,9 miliardi previsti nel Ddl bilancio 2026 sono solo il minimo (dovuto) contributo per contribuenti fino ad oggi esclusi per il loro reddito da tutti i benefici fiscali, contributivi e assistenziali. E quindi, sì, è certamente giusto sostenere ora il ceto medio". A cercare di fare chiarezza è la Nota del Laboratorio Eurispes sulle Politiche fiscali dal titolo “Ceto medio: chi era costui?”. Nella Legge di bilancio 2026 il Governo intende sostenere il ceto medio attraverso un taglio dell’Irpef che comporterà vantaggi in busta paga per chi percepisce un reddito superiore ai 28.000 euro annui. L’intervento coinvolgerà oltre 13 milioni di contribuenti, rendendo strutturale la riduzione dell’aliquota sul secondo scaglione Irpef, portandola dal 35% al 33% per la parte di reddito appunto compresa tra 28.000 e 50.000 euro, lordi. Un beneficio che interesserà soprattutto i lavoratori dipendenti e i pensionati, con un risparmio massimo di circa 440 euro l’anno e con una valutazione redistributiva che, visto il nostro sistema di tassazione per il quale non esiste un reddito “familiare” ma una Irpef personale e progressiva, deve essere condotta sui redditi individuali e non su quelli familiari e che, dunque, per circa tre quarti riguarderà chi dichiara redditi inferiori a 50.000 euro. Eurispes rimarca che "bisogna considerare che in ogni ragionamento che attenga agli effetti redistributivi di ogni misura fiscale di vantaggio c’è un convitato di pietra: l’evasione fiscale, laddove l’Irpef 'intrappola' oggi il detto ceto medio in una spirale che rischia di determinarne l’estinzione". Secondo le analisi dell'istituto, sarebbe giusto sostenere il ceto medio "anche oltre gli importi indicati dal Governo (necessariamente limitati anche solo per esigenze di bilancio, anche considerato quanto già dato alle fasce di reddito inferiore negli scorsi anni), soprattutto laddove si considerasse l’effetto evasione, l’effetto inflazione e l’effetto 'spinta' del
Paese, da sempre lasciato, o meglio affidato, almeno in Italia, proprio a questa fascia di popolazione.
Non saranno certo questi, nella misura 'massima', 440 euro all’anno a fare la differenza per risollevare un ceto ormai in declino. Si tratta di un primo passo e l’auspicio è che ne seguano altri. Magari, anche per risolvere quella dicotomia tra redditi familiari e redditi dei singoli, introducendo finalmente, a tutti gli effetti, anche il quoziente familiare al fine di dare più risorse a chi ha figli, anche in attuazione di quel 'favor familiae' a cui s’informa l’art. 31 della Costituzione, magari appunto prevedendo la commisurazione dell’imposta alla capacità contributiva del nucleo familiare tenendo conto del numero delle persone che lo compongono e dei redditi da esse posseduti, con determinazione dell’imposta mediante applicazione dell’aliquota media corrispondente al reddito complessivo diviso per il numero dei componenti del nucleo". "Salviamo il ceto medio - auspica l'Eurispes - ricchi per legge, ricchi per ideologia, ma, in realtà, spina dorsale del Paese in profonda difficoltà economica e identitaria". (Roc)




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