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direttore Paolo Pagliaro

ASSEMBLEA CEI, ZUPPI:
NOI CHIESA DI TUTTI

ASSEMBLEA CEI, ZUPPI: <BR> NOI CHIESA DI TUTTI

Elencando i temi centrali del pontificato di Leone XIV “ci sentiamo spronati dall’invito a guardare al futuro con serenità, compiendo scelte coraggiose. Ne sento e ne sentiamo tutti la responsabilità e l’opportunità”. A parlare è il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, nella sua introduzione all’81esima Assemblea generale della CEI, in programma ad Assisi (Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli) dal 17 al 20 novembre. “Come Chiese in Italia, sentiamo oggi più fortemente l’appassionante chiamata ad andare nella grande messe di questo mondo - ha aggiunto - La nostra società è cambiata: i vicini sono meno numerosi di un tempo, i lontani sono cresciuti. La lontananza, però, non è ostilità come prima, ma sempre più indifferenza o abitare naturalmente in un mondo che è altro rispetto al nostro, a quello delle nostre parole o dei nostri circuiti, che si sono ristretti. Ci consola la fede di tanti credenti, ma sentiamo la ferita di tante lontananze. Vorremmo che il colloquio nostro, dei sacerdoti, dei fedeli, di noi tutti si allargasse. C’è uno spirito di ricerca, tante volte soffocata in vite che non sono semplici, su cui pesa sempre più la solitudine, l’assenza di un sostegno familiare, le difficoltà economiche e della vita. Talvolta, quasi senza motivo, si consolida l’abitudine a vivere lontani dalla Chiesa, concentrati su di sé e suoi propri problemi. Noi siamo la Chiesa di tutti e vorremmo esserlo di più, certo rispettosamente, anche per costoro”.

Zuppi ha proseguito affrontando il tema della crisi della cristianità: “Se quindi la cristianità è finita, non lo è affatto il cristianesimo: ciò che tramonta è un ordine di potere e di cultura, non la forza viva del Vangelo. Per questo, non dobbiamo avere paura ma rinnovare il nostro impegno a essere testimoni gioiosi del Risorto. Non dobbiamo diventare mediocri, spaventati, paurosi nella paternità e nell’assumerci responsabilità, ma più evangelici e cristiani”. E ancora: “La priorità è certamente trasmettere la fede, renderla viva, attraente, farla scoprire nascosta nelle attese e nei desideri del cuore, aiutando a ritrovarne le parole e la prassi. Ecco il nostro orizzonte e la nostra passione. Guardando tanti ‘senza tetto spirituali’ sentiamo la loro condizione, spesso piena di sofferenza, una domanda per costruire case di preghiera, di fraternità con Dio e con il prossimo, dove sperimentare la maternità della Chiesa e vivere l’ascolto della parola che diventa vita. Non abbiamo alcuna ambizione politica o di guadagnare posizioni di potere. Non dobbiamo compiacere alcuno né alcuna forza politica, né abbiamo alcun consenso da guadagnare. Possiamo solo chiedere tanto amore politico, specialmente a chi, si ispira alla bellissima e umanissima dottrina sociale della Chiesa”.

Dopo aver elogiato l’Esortazione Apostolica di papa Leone XIV, Dilexi te, il presidente della CEI è passato a parlare della figura di San Francesco d’Assisi. “La sua lezione di fede e di vita - ha detto - appare sorprendentemente attuale. In un tempo come il nostro, sottoposto a continue e progressive spaccature, San Francesco risalta, con piena legittimità, come l’uomo della pace e della concordia evangelica”. Il santo di Assisi, “ci ha insegnato che la pace parte da noi, dalle nostre scelte. Come ripeteva Benedetto XVI essa s’irradia per attrazione. Quando la fede è sorretta da stili di vita coerenti, sobri ed essenziali, quando si accompagna a un’esistenza serena e gioiosa, diventa contagiosa, come contagiosa si è rivelata, ai suoi tempi e nei secoli a venire, la scelta del Vangelo operata da Francesco”. L’invito è a non rifugiarsi “nella globalizzazione dell’impotenza, che spesso significa essere solo mediocri e porta a non pensare le cose grandi che invece solo gli umili e gli innamorati di Dio possono compiere. Mercoledì sera ci riuniremo in preghiera per invocare, ancora una volta, tutti insieme, il dono della riconciliazione e rivolgere il nostro accorato appello per la pace”.

Rivolto ai presenti, Zuppi ha dichiarato: “La collegialità che esprimiamo nella forma della nostra Conferenza Episcopale ci chiede anzitutto di esercitare il nostro prezioso ministero in una Chiesa che è sinodale, costituita da un popolo nel quale si cammina insieme, tutti insieme”. “Ritengo necessarie delle decisioni, a iniziare da quelle possibili e attese da tanto - ha proseguito - Le delibere, che decideremo di affidare agli Organi competenti, intendono offrire la nostra risposta per non perdere altro tempo, per dotarci con coraggio degli strumenti necessari, per garantire al Cammino Sinodale risposte certe e opportune. Credo che sia necessario avviare una riflessione sull’eventuale revisione dello stesso Statuto della CEI, per recepire in tempi rapidi quanto verrà indicato dal gruppo di lavoro istituito da papa Leone proprio sul tema ‘Lo statuto delle assemblee ecclesiali e dei Concili particolari’, nell’ambito della Segreteria Generale del Sinodo”. Il tutto per essere una “comunità viva”, perché “tutti i nostri ministeri acquistano significato se in relazione a una comunità. Va riaccesa e accompagnata questa passione comunitaria che è evangelica e scritta nel profondo dell’animo umano. In una società che si atomizza la Chiesa non cessi mai di essere popolo”.

Zuppi, nel suo discorso, ha poi affermato: “Pensando a un mondo ferito, non possiamo non parlare della drammatica realtà degli abusi su cui non dobbiamo cessare di mantenere alta la guardia. Le Rilevazioni già pubblicate e le analisi che ci arriveranno dallo studio-pilota ci restituiscono un quadro articolato e significativo del cammino compiuto e delle sfide ancora aperte e rappresentano uno strumento concreto per continuare a migliorare, a interrogarsi, a camminare insieme. È stata fatta molta strada in questi anni, e non abbiamo avuto paura né di iniziarla né di continuare a percorrerla. Possiamo contare su una Rete efficace e radicata sul territorio, dove il presidio dei Servizi diocesani e interdiocesani, insieme ai Centri di ascolto, riflettono una presenza accogliente e solida della Chiesa che sa chinarsi con umiltà ad ascoltare il dolore delle vittime”. Domani, 18 novembre, ricorrerà la V Giornata nazionale di preghiera, istituita dall’Episcopato italiano per riconoscere gli errori compiuti e impegnarsi per ricucire le ferite di chi ha sofferto e soffre, a causa di abusi: “Anche noi, insieme, celebreremo questa preghiera durante i Vespri. Sempre domani porterà il suo saluto Mons. Thibault Verny, presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, a cui va la nostra gratitudine. Mi sia permesso poi un ringraziamento – mio personale e della Presidenza – alle nostre Diocesi, che sono attivamente coinvolte in una nutrita serie di iniziative sul territorio finalizzate alla prevenzione: dalla sensibilizzazione alla formazione, esse vedono la partecipazione attiva di laici, chierici, religiosi e religiose. In particolare, la formazione resta un impegno rigoroso e costante: numeri alla mano, nel biennio 2023-2024 sono state raggiunte e formate circa 43mila persone”.

Ha continuato affrontando i temi di attualità che riguardano l’Europa: “Questo tempo richiede segni di rinnovata fraternità, così come ci ha insegnato papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti - ha osservato - La fratellanza, sognata, attesa, ambita, richiede progetti e azioni visibili per rimettere al centro l’eguaglianza tra tutte le donne e gli uomini di oggi, per rilanciare una stagione dei diritti e di vera giustizia per ogni popolo e nazione. Occorre tornare a sostenere decise e generose forme di cooperazione allo sviluppo: sviluppo reciproco, materiale e morale, a sua volta espressione di solidarietà e fraternità. È quello che, ad esempio, stiamo cercando di portare avanti, come Chiesa in Italia, in Terra Santa, a Gaza ma non solo”. Un segnale umile, eppure forte, secondo lui “potrebbe giungere anche dal rilanciare un progetto di incontro, di collaborazione nel segno della solidarietà, tra l’Europa e il Mediterraneo, seguendo la felice intuizione del Cardinale Gualtiero Bassetti”. In questo senso, “lo stesso Consiglio dei giovani del Mediterraneo è un esempio di quanto il dialogo e la formazione possano fare la differenza”.

Infine, pensando all’architettura della pace, non si può trascurare l’Europa, “che può garantirla risolvendo i conflitti nel dialogo e pensandosi insieme. Molti cristiani hanno giocato un grande ruolo nella riconciliazione tra europei dopo la Seconda guerra mondiale. Pensiamo l’abisso tra tedeschi e francesi: oggi è una pagina di storia, ma non tantissimi decenni fa era una realtà dolorosa e preoccupante. Penso a come i cristiani siano stati nel cuore dell’avvio del processo di unificazione europea. E sono convinto che i cristiani e la nostra Chiesa cattolica abbiano un importante servizio da vivere. In un mondo complesso, tentato dalla logica della forza, l’Europa rappresenta un approdo importante e noi, cristiani europei, abbiamo una responsabilità. Non si tratta soltanto di mettere in comune problemi ad intra, quanto di confrontarsi, alla luce della fede, su pensieri lunghi che riguardino il nostro Continente ed esso in rapporto agli altri. Per questo, non deve venire meno l’attenzione sulla martoriata Ucraina”. Fondamentale, dunque, il ruolo europeo nel mondo e le relative riflessioni: “In fondo, tutti i processi di avvicinamento o globalizzazione, cui abbiamo assistito tra il XX e il XXI secolo, hanno presentato un deficit di spirito. L’Europa cristiana ha tanto da dire e molto da pensare in proposito”. (17 NOV - gci)

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