L’intelligenza artificiale è già entrata nella sanità italiana, ma la sua diffusione procede a velocità differenti. È quanto emerge dalla nuova indagine Datanalysis 2025, presentata a Milano nel corso dell’evento “NOA: the Next-Gen Doctor”, promosso da MioDottore, in occasione del decennale della piattaforma, e ad un anno dal lancio di “NOA Notes”, il servizio basato sull’intelligenza artificiale dedicato al supporto di medici e pazienti. L’obiettivo è stato comprendere come gli uni e gli altri percepiscano e utilizzino l’AI, e quali siano le opportunità e gli ostacoli reali della trasformazione digitale in ambito clinico. L’indagine – condotta su 2.000 medici (1.000 medici di medicina generale, 500 specialisti ospedalieri, 500 medici di centri privati o convenzionati) e 1.000 pazienti cronici – restituisce la fotografia di un sistema sanitario che evolve, ma con forti dislivelli di competenze, fiducia e accesso tecnologico. Tra i medici, l’83% degli specialisti e il 76% dei medici di medicina generale credono che l’intelligenza artificiale cambierà radicalmente la sanità nei prossimi cinque anni. Tuttavia, l’adozione resta rallentata dalla complessità degli strumenti e dalla carenza di competenze digitali, nonostante l’uso quotidiano di software gestionali e piattaforme digitali. Sul fronte dei pazienti, il quadro appare sorprendentemente più avanzato. Il 79% utilizza già strumenti digitali – app di prenotazione, teleconsulto o dispositivi indossabili per il monitoraggio della salute – e il 61% dichiara di conoscere l’intelligenza artificiale in ambito sanitario, anche se spesso solo in modo superficiale. Più della metà (58%) si rivolge al proprio medico o centro sanitario 3-5 volte l’anno, segno di un’interazione costante con il sistema, e oltre il 50% ritiene che l’AI cambierà radicalmente il modo di ricevere le cure. Nel dettaglio, risulta che gli strumenti digitali più utilizzati oggi sono i software di gestione dell’agenda (32% tra i MMG e 37% tra gli specialisti), le piattaforme digitali di comunicazione (22% e 24%) e, rispettivamente, teleconsulto (19%) e refertazione digitale (25%). Le preoccupazioni più diffuse riguardano l’affidabilità delle diagnosi (23%), la riduzione dell’autonomia decisionale dei medici (21%) e la possibile sostituzione della figura del medico (20%). Un dato significativo è che il 55% dei pazienti accetterebbe volentieri l’uso di strumenti digitali avanzati per monitorare la propria salute, ma solo se facili da usare.
(© 9Colonne - citare la fonte)



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