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EX ILVA, A GENOVA CORTEO
E STABILIMENTO OCCUPATO

EX ILVA, A GENOVA CORTEO <BR> E STABILIMENTO OCCUPATO

Tra governo e sindacati è ormai rottura netta sull’ex Ilva. L’incontro tra governo, rappresentanti dell’azienda, Fim, Fiom e Uilm di ieri, martedì 18 novembre, non ha risolto le questioni aperte. I tre sindacati, infatti, hanno indetto 24 ore di sciopero unitario a partire da stamattina, mercoledì 19 novembre, e promosso assemblee in tutte le sedi aziendali. Come conseguenza, i dipendenti dello stabilimento di Genova hanno occupato il proprio impianto, avviando anche un corteo verso la stazione del quartiere di Cornigliano con l’intenzione di presidiarla. L’obiettivo è protestare contro la cassa integrazione fino a 6mila lavoratori che secondo le sigle sindacali sarebbe prevista nei prossimi mesi, il blocco degli impianti del nord e, in generale, il piano di dismissione del siderurgico. Il corteo ha bloccato il traffico lungo la strada Guido Rossa, arrivando nei pressi della stazione ferroviaria, posizionando i mezzi e montando un gazebo per coordinare il presidio ad oltranza. Palazzo Chigi, invece, ha ribattuto già ieri sera, specificando di aver accolto “la principale richiesta” dei sindacati e che “non ci sarà un'estensione ulteriore” della cassa integrazione. Sempre nella nota, ha affermato che “in alternativa saranno individuati adeguati percorsi di formazione, anche per coloro già in cig”. Una formazione finalizzata all’ottenimento di nuove competenze per la lavorazione dell’acciaio prodotto con le innovative tecnologie green. La posizione dell’Esecutivo è stata confermata dai commissari straordinari di Acciaierie d'Italia, i quali hanno chiarito che non sarebbe previsto alcun aumento della cassa integrazione e che qualsiasi affermazione relativa a un’estensione ad altri 1.550 lavoratori sarebbe priva di fondamento. Una risposta che non è bastata ai sindacati, i quali hanno deciso di scioperare.

L’ex ILVA, per molti anni la maggiore acciaieria d’Europa, oggi opera con il nome di Acciaierie d’Italia. L’azienda è sotto amministrazione straordinaria e gestita dal governo, che però sta cercando di venderla. La cessione è resa complicata dall’esigenza di ridurre l’impatto ambientale dello stabilimento senza mettere a rischio le migliaia di posti di lavoro coinvolti. Attualmente sono arrivate varie proposte di acquisto, tra cui quella presentata dal fondo Bedrock, che tuttavia comporterebbe numerosi licenziamenti. Ma i sindacati criticano l’intero percorso che porterà alla vendita, soprattutto perché prevederebbe anche un ampio ricorso alla cassa integrazione durante la fase di “decarbonizzazione”, cioè il periodo in cui una parte della produzione deve fermarsi ed essere riorganizzata per passare a tecnologie di produzione dell’acciaio meno inquinanti rispetto ai tradizionali impianti a carbone. Secondo le organizzazioni sindacali, l’attuale piano sulla cassa integrazione non risponde a reali necessità industriali, ma sarebbe piuttosto un passo pensato per anticipare la chiusura dei vari siti legati all’ex Ilva. (19 NOV - gci)

(© 9Colonne - citare la fonte)
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