di Paolo Pagliaro
Ieri il Consiglio Europeo della Ricerca ha assegnato 728 milioni di euro a 349 ricercatori attivi in 25 Paesi dell’Unione. In un'epoca dominata dalla competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina, l'Europa sceglie di destinare una quota dei suoi investimenti alla ricerca di base, quella più libera e rischiosa, che non promette ritorni immediati ma che storicamente ha prodotto le innovazioni più rivoluzionarie.
Lo fa tutti gli anni e anche questa volta, come spesso è accaduto in passato, il verdetto ci dice molto dell’Italia. Nella classifica delle università e dei centri di ricerca premiati, il nostro paese è infatti al settimo posto, piazzamento non particolarmente brillante. Ma nella classifica per nazionalità, i ricercatori italiani sono invece al vertice , preceduti solo dai tedeschi . La discrepanza tra il settimo posto per progetti ospitati in Italia e il secondo per nazionalità dei vincitori si spiega col fatto che molti ricercatori italiani lavorano all'estero, dove trovano condizioni più favorevoli. Si parla di fuga dei cervelli, anche se non è una fuga ma semmai è un’espulsione.
Tra i progetti finanziati in Italia spiccano contributi in settori strategici, dalla salute mentale all’immunologia. Si stanno esplorando nuovi approcci per comprendere i meccanismi neurobiologici alla base di disturbi come depressione e ansia, con potenziali ricadute terapeutiche innovative. Altri progetti riguardano le complesse interazioni tra sistema immunitario e patologie croniche. La qualità del contributo italiano emerge anche nelle discipline STEM, in particolare fisica e ingegneria. La mappa degli studi innovativi premiati ieri dall’Europa ci dice che il progresso non è un’esclusiva della Silicon Valley ma ha molte case e parla molte lingue.
(© 9Colonne - citare la fonte)




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