di Paolo Pagliaro
In un volumetto di recente pubblicazione (“Riti di passaggio”) l’editore Cierre ha raccolto gli editoriali che il costituzionalista Maurizio Pedrazza Gorlero pubblicò sul quotidiano “La Cronaca di Verona e provincia” dal 1992 al 1994, il triennio di Mani Pulite e della nascita della cosiddetta Seconda Repubblica. Quando tutto congiurava contro il sistema dei partiti, ribattezzato partitocrazia, contrapposto alle virtù della società civile , il professor Pedrazza Gorlero ricordava che - cito - “la società civile è fatta anche da imprenditori che alterano il mercato con la corruzione, di percettori di reddito che non pagano le tasse, di cittadini che quotidianamente concorrono alla microillegalità diffusa.” Era il 1993 o il 2025? Era il 1993.
Pedrazza vedeva nascere il populismo e scriveva: “La parte di società civile risparmiata dalla corruzione, dalla quale dovrebbe venire la speranza, mostra il volto spaesato e iroso dell’irrazionalità e della semplificazione.” Era il 1993 o il 2025? Era il 1993.
Ma la denuncia del fariseismo della società civile non metteva i partiti al riparo dalle loro responsabilità. “Il partito – scriveva Pedrazza Gorlero - non media più fra la società e le istituzioni, non fornisce programmi di governo, non seleziona la classe dirigente, non fornisce candidati competenti e onesti alle cariche pubbliche ma si trasforma in un comitato elettorale, in un collettore di clientele e di lobby” . E, infine, di fronte ai frequenti richiami alla presunzione di innocenza, il professore ricordava ai partiti che l’onorabilità politica “si misura non con criteri penalistici ma con quello della moglie di Cesare”. Accadeva trentadue anni fa , ma sembra oggi.




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