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SOCIETA' DANTE ALIGHIERI, RICCARDI: STORIA ANTICA E DI VALORE

SOCIETA' DANTE ALIGHIERI, RICCARDI: STORIA ANTICA E DI VALORE

"E' una realtà molto complessa e variegata", così definisce il mondo della Dante Alighieri, il neo eletto presidente Andrea Riccardi.
Intervistato da 9colonne, Riccardi spiega che "la Dante è una realtà associativa, una realtà quasi federale, con storie diverse, di Comitati diversi che convergono in un unica associazione. Ha una storia antica, di grande valore che oggi, in questo inizio di 21esimo secolo, si presenta con una domanda: la Dante deve ripensarsi nei nuovi scenari? Io credo di si".

Lei è stato ministro della Cooperazione dal 2011 al 2013 ma è stato soprattutto, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio. In che modo queste esperienze le saranno utili alla guida della Dante?
"Non lo so. So che sono una persona che vive tra la frontiera del mondo che io sento molto, in particolare l'America Latina, l'Africa, l'Europa, ma anche l'Asia e il nostro Paese. Io sono romano e sono sempre vissuto a Roma. Sono italiano. Mi chiedo cosa può essere l'Italia, con la sua storia, la sua cultura, la sua popolazione, la sua lingua e la sua economia, in questo mondo delle nuove frontiere. Niente è scontato, però io credo che noi abbiamo perso del tempo. Gli ultimi 25 anni sono stati in parte anche anni di introversione del nostro Paese. Abbiamo avuto le nostre crisi, i nostri problemi, Mani Pulite, la fine dei partiti e non abbiamo ancora una cultura della internazionalizzazione. Io vorrei contribuire all'internazionalizzazione dell'Italia che vuol dire collocare il carattere italiano e la nostra identità nel mondo globale e complesso di relazioni".

E' possibile promuovere un punto di vista italiano nel mondo?
"Il punto di vista italiano non è uno solo ma è un punto di vista che matura nella pluralità della nostra cultura, una cultura plurale non solo da un punto di vista ideologico ma dal punto di vista dell'Italia dei 100 Comuni, una cultura plurale che però allo stesso tempo ha un punto di vista unitario. Io parlerei di un umanesimo italiano, come risposta".

Lei è storico della Chiesa: secondo lei che ruolo ha nella promozione della lingua italiana?
"La Chiesa non si pone come obiettivo fondamentale la promozione della lingua italiana nel mondo ma indubbiamente nella Chiesa si parla italiano. Forse è l'unica organizzazione internazionale che ha l'italiano come sua lingua veicolare. Potremo poi dire che Papa Francesco, argentino di origine italiana, è il più grande testimonial internazionale della nostra lingua. Questo per noi è molto interessante. E' interessante lo sviluppo dell'italiano come lingua veicolare della Chiesa, è interessante la scelta di Papa Francesco che come sua lingua di contatto con il mondo ha scelto l'italiano".

La Dante è stata fondata nel 1889 da un gruppo di intellettuali guidato da Carducci. Oggi è più facile o più difficile tutelare e diffondere la nostra lingua nel mondo?
"Sono situazioni diverse ma credo sia più difficile: allora c'era il piccolo concerto delle nazioni europee, oggi ci troviamo nella grande orchestra delle nazioni del mondo. Dobbiamo confrontarci con l’arabo, lingua essenziale anche da un punto di vista commerciale oltre che per motivi politici, con un cinese molto importante, con le lingue dell'India: l'italiano potrebbe essere una piccola lingua, eppure io resto sempre sorpreso che sia la quarta più studiata al mondo: una vera e propria lingua d’elezione. Come presidente della Dante mi pongo il problema di capire meglio il perché: da cosa sia generata l’attrazione suscitata dall'italiano per assecondarla e migliorare l'offerta di questa lingua".

Tra i nuovi target della Dante ci sono anche gli immigrati?
"Certo, questa è una novità degli ultimi decenni avviata dal mio predecessore, il compianto ambasciatore Bottai, che con il segretario generale Masi è stata portata avanti. La Dante è proiettata molto sull'estero e oggi è divenuta un'associazione che insegna l'italiano in Italia. Lo insegna a quelli che vengono a studiare in Italia e agli immigrati".

Ci sono circa 400 Comitati nel mondo e circa 90 in Italia oltre alle scuole. Un network messo in pericolo dalla crisi e dalle difficoltà di bilancio?
"Sì. Devo lanciare un grido di allarme. La dotazione che noi abbiamo dal ministero degli Affari esteri è ridotta a quasi un milione. Ora ci dobbiamo chiedere se l'Italia voglia investire sulla Dante o no. Noi cerchiamo di rispondere alle esigenze del bilancio con l'insegnamento dell'italiano in Italia, è l'unico modo con cui riusciamo a sbarcare il bilancio. Ma si tratta di sapere se la Dante debba essere una ‘sopravvivenza del passato’ e di conseguenza debba essere condannata a barcamenarsi per sopravvivere o se si debba investire su di essa. La mia risposta è quest’ultima in quanto presidente della Dante ma soprattutto in quanto viaggiatore del mondo che vede quanto interesse e bisogno c'è verso la nostra lingua. Ma è una domanda che porrò nelle sedi opportune".

Quali sono i punti principali del suo programma?
"La difesa dell'italiano, lo sviluppo della cultura italiana, interpretare la questione dell'Italia e costituire una comunità di simpatizzanti dell'Italia. La Dante deve essere il tessuto dell'italsimpatia".

Viviamo in un mondo tuttora dilaniato da gravi crisi internazionali. Sulla base della sua esperienza quali strade potrebbero essere percorribili per giungere a soluzioni pacifiche?
"Si tratta di un cammino complesso: questo è un mondo che non ha più un solo padrone. Quindi le sinergie tra popoli, come si vede chiaramente nel caso della crisi in Libia, fanno fatica ad avviarsi. Il mondo globale per le sue dinamiche rende ciascun Paese geloso di se stesso e delle sue energie. Per questo è molto importante che creiamo una simpatia attorno all'Italia. Guardiamo la situazione della Siria. Ci sono 420mila morti, 4 milioni di rifugiati, un Paese distrutto, storie distrutte, archeologia distrutta, uomini distrutti. E' una tragedia. Credo che è una vergogna che non si costruisca la pace perché la pace non solo è giusta ma è ragionevole. E' il risparmio di vite e risorse umane. La pace alla fine è l'interesse di tutti, bisogna saper mediare. Solo che oggi c'è la realtà dell'Isis che vive e si fonda sulla guerra, ma sulle altre realtà qualcosa si può fare". (Sab - 19 mag)

(© 9Colonne - citare la fonte)