Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Torino: David Ruff
dal Bronx
al Piemonte

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Torino: David Ruff <br> dal Bronx <br> al Piemonte

Pittore, grafico, stampatore, poeta e intellettuale. Artista newyorkese nato nel Bronx, spesso associato all’espressionismo astratto statunitense, difficilmente collocabile in una precisa corrente o entro demarcati confini. Attivista impegnato nelle grandi campagne politiche per i diritti civili. Amante della natura (“una foglia dorata, un ciottolo, una crepa in un muro, una lumaca, la forma dei campi…”) e della forma creata (poesia, letteratura, musica e arti visive). David Ruff (New York, 1925 – Torino, 2007), che ha vissuto in Piemonte tra Baldissero, Bagnolo e Torino per oltre 35 anni, è al centro della mostra “Seeming Confines” allo Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes fi Torino, fino al 18 aprile. Curata da Valentina Roselli e David Ruff Archive (presieduto dalla moglie Susan Finnel), l’esposizione intende portare all’attenzione del pubblico le opere degli anni Settanta di Ruff, per approfondire quale fu l’impatto che il trasferimento dagli Stati Uniti all’Europa ebbe sul suo lavoro. Una mostra che vuole indagare sul nuovo impulso creativo che l’incontro con il Vecchio Continente stimolò nell’artista. Il titolo della mostra “Seeming Confines” coincide con il titolo di un dipinto di Ruff ispirato all’opera Endymion (IV, 513) di John Keats, autore molto amato dall’artista e che nutre spesso la sua ricerca. È un titolo che richiama direttamente la passione per la letteratura e il carattere poetico e musicale che permea tutti i suoi lavori.

MILANO: OLIVETTI, UNA STORIA DI INNOVAZIONE

La mostra “Olivetti, una storia di innovazione”, a Milano, al Museo del Novecento, fino al 14 aprile, rappresenta il racconto di oltre un secolo d’impresa e propone un percorso espositivo ricco di elementi che hanno scandito negli anni la storia di Olivetti improntata all’innovazione: manifesti, locandine pubblicitarie di Giovanni Pintori e di altri importanti artisti, fotografie uniche, accanto a prodotti iconici come le celebri macchine per scrivere “Lettera 22” e “Valentine”, proseguendo fino al mondo digitale di oggi con il Form 200, registratore di cassa connesso e primo prodotto realizzato grazie all’Olivetti Design Contest promosso dall’azienda e rivolto agli studenti delle maggiori università europee di design. Dare un’anima ai prodotti è stato l’elemento caratterizzante della produzione olivettiana, che ha pensato la fabbrica e l’intera catena di produzione (dai negozi ai materiali utilizzati per gli oggetti, comprese le loro forme) coniando un nuovo rapporto tra uomo e macchina, antesignana di un progetto modernista di messa in forma della vita nel mondo delle tecnologie e dell’informazione. L’architettura, il design, la grafica, la pubblicità hanno contribuito a formare un modello aperto di impresa, unico nella storia dell’industria del dopoguerra e un importante contributo alla cultura visiva del Paese. L’esposizione è promossa da Olivetti in collaborazione con Associazione Archivio Storico Olivetti e Fondazione Adriano Olivetti.

BOLOGNA: GLI “ALBERI” DI CARLO MATTIOLI

“Gli alberi” di Carlo Mattioli conquistano l’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna. La Fondazione Carlo Mattioli presenta, fino al 15 aprile, una mostra dedicata al tema che ha reso famoso l’artista emiliano-romagnolo, ima che il più delle volte non è stato considerato per l'importanza che ha avuto nella sua pittura. Nel piano ammezzato dell’Assemblea legislativa regionale, a Bologna, esposte, fino al 15 aprile, una ventina di grandi tele che spaziano dal 1974 al 1989 e che ben rappresentano la grande arte di un pittore schivo e solitario, di un’immensa carica poetica. Per Anna Zaniboni Mattioli, della Fondazione Carlo Mattioli, “l'albero solitario è diventato presto una declinazione della rappresentazione di sé, una sorta di autoritratto che il pittore ha tuffato nella notte più nera, nella gloria di un campo di papaveri, nell'intonaco incolore di un antico muro come fosse una sinopia medievale o nel nulla di una tela di juta, senza nemmeno la consolazione di un fondo”. La mostra si inserisce all’interno della valorizzazione del patrimonio artistico emiliano-romagnolo in cui in questi ultimi anni l’Assemblea legislativa si è fortemente impegnata.

FIRENZE: LE “TEOFANIE” DI OMAR GALLIANI

Scrigno del ‘300, con il suo interno riccamente affrescato nel XIV secolo da Spinello Aretino, l’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote, nei pressi di Ponte a Ema, a due passi da Firenze, ospita fino al 28 aprile, la mostra “Teofanie, Opere di Omar Galliani”, organizzata dal Comune di Bagno a Ripoli, con la collaborazione delle Gallerie degli Uffizi e della Tornabuoni Arte. “Teofanie” crea un’inedita relazione tra gli affreschi con le Storie di Santa Caterina e le grandi tavole di Galliani. L’artista emiliano è considerato un maestro indiscusso del “disegno italiano” e ricostruisce la classicità e la pittura antica con una sua particolare cifra contemporanea. Nelle sue monumentali tavole utilizza una finissima tecnica rinascimentale, caratterizzata dall’accuratezza del tratto della matita che richiama, nell’anno del suo cinquecentenario, i fogli a pietra nera o rossa di Leonardo da Vinci. Il punto di partenza della sua opera è la superficie bianca, chiara, in questo caso del supporto ligneo del pioppo, su cui traccia segni con matita o carboncino che si accumulano fino a prendere matericamente vita, a rivelare una superficie nella penombra, che sia la pelle del corpo umano, uno specchio d’acqua o un oggetto.
Nelle opere qui esposte, che comprendono anche l’Autoritratto proveniente dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della collezione delle Gallerie degli Uffizi, le sfumature del nero, create attraverso una sapiente dialettica tra luce e ombra, si contrappongono al caleidoscopio di colori delle decorazioni interne all’architettura trecentesca. Il linguaggio di Galliani è inconfondibile, da una parte emerge l’abilità mimetica e tecnica, dall’altra la capacità poetica di superare la materia e smaterializzare, sublimandoli, figure e oggetti. Un nuovo cosmo fatto di pianeti e simboli ricorrenti – come rose, draghi, fiori, teschi, spade, anelli e forbici in sospensione sulla superficie pittorica – che nasce da una profonda riflessione sulla storia e la natura del disegno nell’arte.

FERRARA: AQUA AURA FA IL BIS

Aqua Aura, nome d’arte di Raffaele Piseddu è protagonista di una importante personale suddivisa nelle due sedi della Palazzina Marfisa d’Este e della Sinagoga Grande della Scola Italiana (che riapre al pubblico con un progetto dedicato all’arte contemporanea) di Ferrara. Arte, storia, scienza, sapere umano e processi naturali si combinano nell’esperienza visiva dell’artista che, attraverso media differenti, riesce sempre a stupire ed affascinare lo sguardo dell’osservatore toccandone l’attenzione attraverso immagini, forme e installazioni di forte pathos emotivo. Gli ultimi sviluppi del suo lavoro - sempre in bilico tra realtà inventata e immaginata e realtà vera e tangibile - lo hanno portato, oltre che al mezzo fotografico, verso nuovi linguaggi, attraverso la realizzazione di cortometraggi, docufilm e opere di video-arte, fino ad approdare a progetti installativi e video-scultorei.

ROMA: POLLAK, ARCHEOLOGO VITTIMA DI AUSCHWITZ

In occasione dei 150 anni dalla sua nascita, a Praga nel 1868,e a 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia, il Museo Ebraico di Roma ed il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco ospitano la mostra “Ludwig Pollak. Archeologo e mercante d’arte (Praga 1868 – Auschwitz 1943). Gli anni d'oro del collezionismo internazionale. Da Giovanni Barracco a Sigmund Freud”. Grande esperto di antichità, grande archeologo ed abilissimo mercante d’arte, Pollak è ricordato anche per importanti scoperte archeologiche,tra cui il ritrovamento del braccio originale del Laocoonte. La sua appartenenza al mondo culturale e religioso ebraico, oltre alla comune passione per l’archeologia, ha inoltre favorito i suoi legami di amicizia e collaborazione con eminenti personalità della cultura viennese di fine secolo,in particolare con Sigmund Freud ed Emanuel Loewy. Purtroppo l’origine ebraica ha anche comportatoun suo progressivo isolamento, a partire dagli anni ’30 del Novecento, con l’espulsione nel 1935 dalla Biblioteca Hertziana e, infine, il tragico epilogo della sua vita nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove fu deportato con la moglie e due figli, vittima dei rastrellamenti di Roma del 16 ottobre 1943. Di grande interesse sono perciò le testimonianze relative ai suoi rapporti con l’ebraismo: dalle radici nel mondo askenazita praghese, al viaggio in Palestina agli inizi del ’900, dall’interesse per le opere di judaica, con la riproduzione integrale dell’Haggadà Prato, capolavoro dell’arte miniata spagnola del secolo XIV, alla drammatica narrazione della sua tragica fine. Primo ebreo non convertito a ricevere la Croce di Commendatore da un papa, Pio X, per la scoperta del frammento del Laocoonte (donato al Vaticano e in seguito ricollocato sul gruppo originale), si devono a lui anche la ricomposizione del gruppo “Atena e Marsia” di Mirone (l’Atena fu poi venduta alla Liebieghause di Francoforte); l’identificazione del guerriero ferito di Kresilas, oggi al Metropolitan di New York; il riconoscimento della cosiddetta “Fanciulla di Anzio” poi acquistata dallo Stato italiano. È sempre Pollak a realizzare uno dei primi cataloghi scientifici di oreficeria greca antica per il grande collezionista russo Nelidow e il primo grande catalogo di bronzi rinascimentali per la collezione di Alfredo Barsanti, oggi a Palazzo Venezia.

GENOVA, IMMAGINI DAL TSUKIJI DI TOKYO

Fino al 5 maggio Il Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova - CHE custodisce la più rilevante collezione d’arte giapponese in Italia - ospita il reportage “Tokyo Tsukiji” realizzato da Nicola Tanzini (Pisa, 1964) all’interno del mercato ittico più grande al mondo. L’esposizione presenta una selezione di 28 fotografie che costituiscono un vero e proprio racconto per immagini di uno dei luoghi più iconici della capitale nipponica, considerato addirittura sacro dai ristoratori giapponesi, che ha visto crescere la propria fama al punto da diventare una delle maggiori attrattive turistiche di Tokyo, oggi purtroppo non più visitabile. Il 6 ottobre 2018 infatti, dopo 83 anni dalla sua apertura, il mercato di Tsukiji è stato definitivamente chiuso per far spazio alle Olimpiadi del 2020 e dislocato diversi chilometri più a est, nel quartiere di Toyosu. Il mercato del pesce è presente nella capitale sin dalla sua fondazione risalente all’inizio del XVII secolo, espressamente voluto dallo shogun Tokugawa Ieyasu. Nella storia dell’arte giapponese, è spesso soggetto delle stampe policrome ukiyoe, espressione artistica per eccellenza della società urbana del XVII secolo, dove diviene simbolo di prosperità e operosità. Nei secoli ha mutato luogo e forma, assecondando le trasformazioni dell’assetto urbanistico della capitale, ma confermandosi sempre come indicatore della vivacità commerciale, dell’indotto del settore ittico e delle abitudini alimentari giapponesi. In oltre due anni di lavoro, Nicola Tanzini ha scelto di catturare coi suoi scatti un lato poco noto di Tsukiji, nel momento di dismissione delle attività che precedono la chiusura, quando tutto finalmente si ferma e gli operatori possono sospendere il lavoro, iniziato prima dell'alba.

(© 9Colonne - citare la fonte)