INNOCENTI, IL LIBRO BIANCO DELL’INGIUSTA DETENZIONE IN ITALIA
Se si prendessero per mano l’una con l’altra, le persone arrestate o condannate ingiustamente in Italia negli ultimi trent’anni formerebbero una catena umana capace di coprire la distanza tra Roma e Napoli. Oltre 100.000 uomini e donne. Ogni otto ore uno di loro viene arrestato da innocente. Per risarcirli lo Stato ha già speso quasi 1 miliardo di euro, al ritmo di 57 euro al minuto. È un dato di fatto. Eppure, raramente fa notizia. Raramente diventa oggetto di analisi strutturata. "Innocenti. Il libro bianco dell’ingiusta detenzione in Italia", edito da Giappichelli, rompe questo silenzio con un’opera unica nel panorama editoriale italiano. Il libro nasce dall’esperienza e dal lavoro pluridecennale di Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, giornalisti e fondatori dell’associazione Errorigiudiziari.com, tra i massimi esperti sul tema. Combina dati, analisi e storie vere in un linguaggio giornalistico, ma al tempo stesso rigoroso. Un’indagine che non esisteva. Ma chi sono questi innocenti? Da dove vengono, per quali reati mai commessi finiscono agli arresti, quanto tempo ci restano? E quanto devono aspettare affinché la loro innocenza venga acclarata? Come e in quanto tempo verrà risarcita l’ingiustizia che hanno subito? A questi e diversi altri interrogativi risponde questa analisi mai condotta prima nel nostro Paese, basata su un campione altamente rappresentativo di ordinanze di riparazione per ingiusta detenzione adottate in un anno. Il libro mette a nudo una realtà ignorata: oltre 30.000 casi di ingiusta detenzione in trent’anni. Nessun’altra indagine, né giornalistica né accademica, aveva mai analizzato questa mole di dati. Innocenti è un’opera pensata per chiunque abbia a cuore il principio della presunzione di innocenza: non solo operatori del diritto, ma cittadini, giornalisti, studenti, politici. Le storie che emergono non sono trattate come casi mediatici, ma come esempi emblematici, senza mai indulgere nel sensazionalismo. Nessun nome completo, solo iniziali, contesti, cifre: il focus è sistemico, non emotivo. Per la prima volta, un’analisi mette a confronto l’Italia con altri Paesi europei in materia di ingiusta detenzione. I dati, aggiornati al 2024, evidenziano quanto il sistema italiano sia tra i più problematici nel garantire un bilanciamento tra giustizia e diritti individuali. Un’opportunità per ragionare su quello che si potrebbe mutuare dai modelli stranieri più virtuosi e quello su cui invece, nonostante tutto, il nostro sistema riesce ancora a essere migliore. Innocenti è un lavoro che ambisce a essere uno strumento di dibattito, prima ancora che una denuncia. Non punta il dito contro una categoria, non cerca colpevoli. Vuole piuttosto illuminare un’area buia del sistema giustizia, avviare un confronto, proporre strumenti di comprensione e non soluzioni facili o scorciatoie ideologiche. Lo fa anche attraverso i contributi di autorevoli rappresentanti del mondo giudiziario, dell’informazione e della politica: Gian Domenico Caiazza (autore della prefazione), Luca Luparia Donati, Francesco Petrelli, Cuno Tarfusser, Davide Giacalone, Enrico Costa. “Ci sono troppi innocenti che finiscono in carcere, troppo spesso. E ancora in pochi lo sanno. Si tratta dell’emergenza più sottovalutata, misconosciuta e trascurata della giustizia italiana” commenta l’autore Valentino Maimone. “Le istituzioni hanno il dovere morale e politico di guardare in faccia questa realtà, anche quando fa male. L’ingiusta detenzione non è una fisiologia, ma una patologia del sistema. Richiede interventi strutturali, non interventi spot.” conclude l’autore Benedetto Lattanzi. Benedetto Lattanzi, giornalista, lavora per l’agenzia di stampa Askanews. Valentino Maimone, giornalista, lavora per il quotidiano La Ragione. Ha pubblicato “A.A.A. Vendesi esperto di guerre elettroniche” (Selene edizioni, 2008) e il saggio-inchiesta “Il caso Davide Cervia” (Amazon self-publishing) Insieme hanno scritto “Cento volte ingiustizia” (Mursia, 1996), una raccolta dei più eclatanti errori giudiziari dal Dopoguerra ai giorni nostri. Sono tra gli autori del trattato “L’errore giudiziario” curato da Luca Lupària Donati (Giuffrè Francis Lefebvre, 2021). (Roc)
“NESSUNO LO DEVE SAPERE”, IN LIBRERIA IL NOIR DI STEFANO SOFI
Nel torrido scenario della costa ionica, assediata dallo scirocco, il cuoco di origine albanese Ciccio sparisce nel nulla. Il boss locale noto a tutti come “l’ingegnere”, per cui lavorava prima che se ne perdessero le tracce, si rivolge all’investigatore privato Michele Cardini, per evitare che la polizia si interessi dei suoi affari. Con l’aiuto del suo amico Rocco, Michele si accorge ben presto che sarà necessario allargare il raggio dell’indagine per trovare una soluzione: il mistero di Ciccio si trasformerà nel segreto di un intero paese. La Statale Ionica 106 è teatro di sparizioni e di incontri, di vite che si infrangono violentemente e di nuove storie appena iniziate. Questa la trama di “Nessuno lo deve sapere” (ed. Affiori) primo romanzo di Stefano Sofi, originario di Reggio Calabria, a Roma da oltre quarant’anni. Laureato in Scienze Politiche, è giornalista professionista. Ha scritto il libretto di “Fantamusicasia”, opera classica musicale per bambini di M. Galeati rappresentata all’Auditorium di Roma con la voce recitante di Milena Vukotic. Ha pubblicato la raccolta di versi “Visioni Ioniche” e ha rappresentato in teatro la sua pièce “Sud, manutenzione della nostalgia”. (deg)
“TERRE CHE NON SONO LA MIA”, CONTROGEOGRAFIA DI MATTEO MESCHIARI
“Che si tratti di animali da cacciare, di un tesoro dei pirati, di una terra migliore, di un nascondiglio in capo al mondo, la mappa, oltre a dirci tutto quello che dobbiamo sapere, dialoga sempre con ciò che non c’è. La geografia misura, certo, ma serve anche a immaginare l’invisibile, e in questo senso può essere considerata un apparecchio di cattura dell’immaginario proiettato verso un altrove indomabile”.
Per oltre duemila anni la geografia è stata usata come una macchina di potere per descrivere e gestire il territorio. Oggi è ancora così e molti pensano che disegnare mappe sia un talento riservato a tecnici e professionisti. Ma da sempre la geografia è stata anche una pratica immaginativa alla portata di tutti, un ventaglio di modi di vivere lo spazio che serve a conoscere l’altro e a sognare l’altrove. Se l’Occidente ha dimenticato in fretta questa vocazione geografica per l’alterità, esistono però migliaia di tracce e di sopravvivenze culturali che testimoniano l’esistenza di un’altra geografia, una controgeografia che continua a generare visioni e a produrre invenzioni meravigliose. In questo libro unico nel suo genere, “Terre che non sono la mia. Una controgeografia in 111 mappe” (Bollati Boringhieri) Matteo Meschiari ha raccolto centoundici mappe che testimoniano l’incredibile variabilità e creatività culturale della nostra specie, in un giro del mondo che va dalla Groenlandia all’Australia, dalla Cina all’Amazzonia, dall’arte paleolitica a quella contemporanea, da Babilonia a un asilo italiano. Un campionario di mondi lontani per capire e discutere il nostro, un atlante della «territà» per ripensare il nostro posto su questo pianeta.
L’AUTORE. Scrittore e antropologo, Matteo Meschiari insegna Geografia culturale all’Università di Palermo. Tra i suoi interessi di ricerca ci sono il paesaggio in letteratura, i modelli abitativi dal Paleolitico all’Antropocene, l’arte preistorica e tribale, lo spazio percepito e vissuto in Occidente e nelle culture indigene. Rappresentante dell’antropologia narrativa, ha scritto e curato saggi, romanzi, poesia e libri per l’infanzia. Tra i suoi titoli più recenti: Artico nero. La lunga notte dei popoli dei ghiacci (2016), Neogeografia. Per un nuovo immaginario terrestre (2019), Antropocene fantastico. Scrivere un altro mondo (2020), Geografie del collasso. L’Antropocene in 9 parole chiave (2021), Landness. Una storia geoanarchica (2022), Kosmos (2023) e La fabbrica dei mondi. Geografie immaginate e Territà (2024).
“UN SOGNO CHIAMATO SANTIAGO” DI GIACOMO FABBRI
TS Edizioni pubblica, anche in formato e-book, “Un sogno chiamato Santiago”. A 70 anni l'avventura del Cammino in solitaria, di Giacomo Fabbri. “Avevo girato il mondo grazie al mio lavoro di manager, tutto molto bello, ma fare la trottola nel vortice di fusi usi orari sempre diversi per lavoro non era esattamente come fare il turista per diletto”, scrive l’autore nell’introduzione. E riprende: “Le soddisfazioni che mi dava il lavoro non bastavano, il desiderio di prendere lo zaino e percorrere sentieri sempre nuovi era forte, e cresceva ogni giorno di più. Quando si ha una famiglia, tuttavia, l’unico pensiero di un marito e di un padre è il benessere dei propri cari, la loro sicurezza. Veder crescere bene le mie figlie – Elena e Francesca – ha reso me e mia moglie davvero orgogliosi, e questo per molto tempo è stato l’obiettivo più importante. A tutta la famiglia, inoltre, avevo cercato
a più riprese di trasmettere la passione per la montagna, soprattutto nelle due settimane di ferie che ci concedevamo ogni anno in Alta Badia. Camminando su è giù per sentieri e ferrate con il mio amico Piero, parlavamo spesso di fare qualcosa di avventuroso e mai provato, e il cammino di Santiago de Compostela era in cima alla nostra lista dei desideri. ‘Ma quando avremo il tempo per farlo davvero?’, mi chiedeva sempre Piero, anche lui impegnato con il
suo studio di architettura. E questa vagheggiata idea si stagliava su un lontano orizzonte: ‘Quando andremo in pensione!’». Un’idea semplice, che cresce lentamente nell’intimo, come risposta a una domanda latente, celata forse dietro il bisogno di fare un’impresa, di arrivare a un risultato personale eclatante. Le grandi mete da raggiungere nascono lentamente... «Non ero mai stato uno che fa le cose a metà: o tutto o niente. Il Cammino di Santiago l’avrei percorso tutto, passo dopo passo, fino alla fine». Con questa forza di volontà e un sogno da realizzare, a quasi 70 anni Giacomo Fabbri si mette in cammino. Ad un certo punto della propria vita, l’autore decide di affrontare la sfida: parte da Saint-Jean-Pied-de-Port per affrontare tutto il percorso del Cammino Francese, che si rivelerà molto più di una prova fisica. Commenta Fabbri: «Mentre mi accingo a cominciare la scrittura di questo “diario di viaggio”, le emozioni mi assalgono e non posso fare a meno di raccontare i fatti, gli incontri e i sentimenti in presa diretta. Sono partito turista il 20 agosto 2021 sono diventato viaggiatore, sono tornato pellegrino...». Tappa dopo tappa, attraverso paesaggi mozzafiato, borghi medievali e chilometri di sentieri sterrati, Giacomo incontra pellegrini e camminatori di ogni età e nazionalità, ascolta storie di vita, supera momenti di difficoltà e scopre il vero significato della strada percorsa a piedi. Tra imprevisti, fatica, amicizie inaspettate e risate, il Cammino si trasforma in una metafora della vita: un’esperienza di crescita, di libertà, di riconnessione con sé stessi e con gli altri. Con uno stile sincero, coinvolgente e ricco di aneddoti, l’autore ci porta con lui in un’avventura che non è solo un viaggio geografico, ma soprattutto interiore. Un libro che ispira, che fa sognare e invita a partire, perché non è mai troppo tardi per inseguire un sogno e rimettersi in cammino.
L’AUTORE. Giacomo Fabbri è nato a Genova, nel borgo di Quinto al Mare. Per oltre 35 anni dirigente d’azienda, ha viaggiato in tutto il mondo per lavoro. Oggi lo fa per diletto, da solo e a volte con la moglie Patrizia, architetto. Sulla soglia dei 70 anni decide di coronare il suo sogno di percorrere, in solitaria, tutto il Cammino di Santiago sulla via Francese. Questo è il suo primo libro in cui racconta le peripezie.
(© 9Colonne - citare la fonte)