Le politiche repressive, poliziesche, nei confronti degli stranieri che stanno adottando (o minacciano di adottare) diversi Paesi tra cui gli USA, la Polonia e l’Irlanda del Nord non risolveranno di certo il problema delle migrazioni. Queste costituiscono, a ben vedere, una piccola valvola di sfogo per milioni di persone che, in un mondo unificato dalle logiche del capitalismo, sempre più attratti dal modello occidentale di vita, non si rassegnano a morire senza reagire alle grandi ingiustizie. E’ la profonda spaccatura tra i paesi ricchi e poveri la causa principale di tali migrazioni determinata da molteplici fattori tra i quali assumono particolare importanza gli squilibri di natura demografica: la popolazione è in crescita e continua ad espandersi esclusivamente nei paesi ad economia meno avanzata determinando un aumento del bisogno alimentare in zone dove le risorse diminuiscono o restano inalterate.
Ci sono poi gli squilibri di natura economica: la condizione dei cittadini dei paesi poveri è sempre più critica. La povertà determina una bassissima qualità della vita e prospettive non comparabili con quelle offerte dai paesi industrializzati. Il divario tra queste due realtà non appare destinato a ridursi nel prossimo futuro; gli squilibri di natura sanitaria o ambientale con le epidemie, la siccità, la desertificazione; e gli squilibri di natura politica con guerre civili, scontri etnici, terrorismo, rivalità tribali determinano molte situazioni in cui le istituzioni statali sono incapaci di garantire livelli minimi di tutela ai cittadini. A tutto questo si aggiungono processi di destabilizzazione derivanti da crisi politiche internazionali che sfociano anche in guerre.
E’ la drammatica realtà alla quale stiamo assistendo da tempo e che sta peggiorando in queste ore con la guerra dichiarata da Israele all’Iran.
Nella storia, i processi migratori hanno rappresentato uno dei fattori più importanti di mutamento sociale e in molti casi di avanzamento economico. Se ad uno sguardo retrospettivo è possibile individuare fasi alterne, contraddistinte da politiche migratorie restrittive e permissive, oggi prevale una netta tendenza su scala internazionale verso l’adozione di politiche di divieto all’ingresso che talvolta assumono dimensioni abnormi. Si pensi alla barriera anticlandestini che si voleva realizzare al confine americano con il Messico, un’opera di oltre 1000 chilometri iniziata una ventina di anni fa e mai conclusa. Era il 2005 quando si registrò un milione di clandestini arrestati per violazione alla legge sull’immigrazione e oltre 400 persone morirono nel deserto o nel Rio Grande nel tentativo di passare la frontiera messicana. Alcune di queste persone calzavano ancora le scarpe da trekking per clandestini “create” da un designer argentino; nella suola una mappa con il tracciato dei sentieri illegali, un piccolo scomparto per contenere una manciata di dollari, una piccola torcia elettrica, una bussola e una…immagine sacra!
In Inghilterra, sempre una ventina di anni fa, per “incoraggiare” gli stranieri a tornare nel loro Paese il governo offriva 500 sterline e altre 1000 per chi voleva avviare un’attività in proprio. L’esperimento fu un fallimento. Analoghe misure restrittive annunciate in Francia, dopo settimane di gravissimi incidenti, dal ministro dell’interno Sarkozy, ebbero lo stesso finale. In Italia da anni non viene più redatto il documento programmatico triennale in tema di politica dell’immigrazione e degli stranieri previsto dal testo unico del 1998 e ci si affida a “contatti”, intese con le autorità dei singoli paesi da cui provengono i migranti, a bordo di sgangherate imbarcazioni.
Tra gli ultimi incontri per la gestione della politiche migratorie, c’è quello di pochi giorni fa, a Roma, del ministro dell’interno Piantedosi con il generale libico Saddam Haftar figlio del Feldmaresciallo Kalifa. E’ dalla Libia, infatti, che provengono gran parte dei 26.370 migranti soccorsi/sbarcati nel 2025 al 14 giugno ( rispetto ai 23.235 dello stesso periodo del 2024) con un trend che probabilmente porterà a superare i 55.557 dell’intero 2023 ( prevedibile anche una impennata negli arrivi di migranti sulle nostre coste a causa del conflitto tra Israele e Iran) . Naturalmente , anche questo incontro non risolverà nulla perché in Libia i flussi migratori in entrata sono governati dai vari capi tribù, i veri detentori del potere, che ne traggono profitti notevoli.
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