di Paolo Pagliaro
Quando ieri la Prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano ha detto che un moderno Stato di diritto deve porre al centro “la dignità della persona e il suo reinserimento sociale” forse aveva presenti oltre ai 14 nuovi reati e le 9 aggravanti del cosiddetto pacchetto sicurezza anche ciò che avviene tutti i giorni nelle carceri.
Mercoledì scorso l’Osservatore Romano ha messo in prima pagina la copertina di una rivista che si chiama “Voci di dentro” , periodico di cultura e attualità fondato da Francesco Lo Piccolo che da molti anni lo realizza con i detenuti delle carceri di Chieti e Pescara. Sull’ultimo numero un’inchiesta condotta in diverse altre città documenta il giro di vite contro i giornali realizzati dai detenuti . C’è il direttore di un carcere che vuole scegliere gli argomenti sui quali è lecito scrivere, vietando espressamente temi come l’emigrazione e la sessualità perché potrebbero essere in contrasto con la linea del governo. In un altro carcere ai detenuti non viene più consentito di firmare gli articoli. C’è poi il caso di una redazione soppressa per aver diffuso un’immagine negativa della vita dietro le sbarre.
Questi episodi vìolano non solo l’articolo 3 della Costituzione ma anche l’articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario, che riconosce a ogni detenuto il diritto di esprimere le proprie opinioni. Sono censure in sintonia con quelle norme del decreto sicurezza che criminalizzano le forme non violente di protesta carceraria. Sembra di capire che tra queste ora sia compresa anche la scrittura.