di Paolo Pagliaro
Chi pensa che l’Onu e le sue agenzie siano enti inutili forse ha cambiato idea dopo visitato la mostra "Dai Semi agli Alimenti", organizzata nel parco di Villa Capena a Roma per celebrare gli ottant'anni della Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations). Concepita come una sorta di biblioteca della biodiversità, l’esposizione tracciava il percorso dal seme, dalle origini dell’agricoltura, delle colture, della pesca, della silvicoltura e dell’allevamento, fino ai cibi che arrivano sulle nostre tavole oggi. Gli stand dei diversi Paesi proponevano la rivisitazione di pratiche tradizionali accanto a innovazioni come le serre idroponiche, i droni agricoli, le tecnologie geospaziali per prevedere e neutralizzare gli spostamenti delle cavallette.
La biodiversità non ha confini nazionali: semi, specie vegetali, genetica agricola sono risorse globali che se perse non possono essere recuperate. E la Fao è il luogo in cui stati, governi, esperti, ONG si coordinano, definiscono linee guida, standard internazionali - come la norme fitosanitarie - e cooperano per diffusione di informazioni.
Ma la sicurezza alimentare non è solo produzione, è diritto d’accesso: che tutti possano mangiare cibo sano, nutritivo, in condizioni dignitose. Molte popolazioni vivono in condizioni di povertà, insicurezza alimentare, malnutrizione. La missione della Fao include la lotta contro queste disuguaglianze, che se ignorate generano conflitti, migrazioni, instabilità.