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GIUSTIZIA, REFERENDUM
TRA MARZO E APRILE?

GIUSTIZIA, REFERENDUM <BR> TRA MARZO E APRILE?

Dopo il via libera definitivo del Senato alla riforma che introduce la separazione delle carriere in magistratura, i capigruppo della maggioranza a Palazzo Madama hanno avviato la raccolta delle firme necessarie per chiedere il referendum confermativo. La consultazione popolare, secondo le previsioni, potrebbe tenersi tra metà marzo e aprile 2026.

Il referendum confermativo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, è uno strumento di democrazia diretta che riguarda esclusivamente le leggi di revisione costituzionale. Può essere richiesto entro tre mesi dall’approvazione parlamentare da un quinto dei membri di una Camera, da 500mila elettori o da cinque Consigli regionali. A differenza del referendum abrogativo, non prevede quorum di partecipazione: il risultato è valido indipendentemente dal numero dei votanti, e la legge entra in vigore solo se prevalgono i “sì”.

La riforma sulla giustizia non ha raggiunto la maggioranza dei due terzi in Parlamento, condizione che avrebbe evitato la consultazione. Alla Camera il provvedimento è stato approvato con 243 voti favorevoli su 400, mentre al Senato i “sì” sono stati 112. La Costituzione stabilisce che, in questi casi, la legge può essere sottoposta al giudizio degli elettori.

Secondo la legge 352 del 1970, entro tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale devono essere raccolte le firme necessarie per la richiesta del referendum. Dopo la riforma del 2020 che ha ridotto il numero dei parlamentari, servono oggi 80 deputati o 41 senatori per presentare la domanda alla Cassazione. Quest’ultima ha poi 30 giorni di tempo per verificare la regolarità della richiesta e trasmettere l’esito al governo e ai presidenti delle Camere. Sarà quindi il Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei ministri, a indire la consultazione, che deve tenersi tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno successivo al decreto di indizione.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha confermato la volontà del governo di arrivare al voto “tra marzo e aprile 2026” e si è detto favorevole a un “confronto televisivo” con i magistrati dell’Associazione nazionale magistrati (Anm). “È giusto che su un tema così rilevante si esprimano i cittadini”, ha affermato il Guardasigilli.

Sul fronte politico, il centrodestra compatto – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati – si prepara a sostenere la riforma anche nelle urne. “Saremo i primi a promuovere il referendum”, aveva dichiarato il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri. Favorevole anche Azione di Carlo Calenda. Di segno opposto la posizione del “campo largo” d’opposizione: Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra intendono promuovere il “No” insieme all’Anm, che ha più volte espresso critiche alla riforma Nordio. “Faremo la nostra battaglia con i nostri argomenti”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein, annunciando l’avvio della raccolta firme tra i parlamentari per chiedere formalmente la consultazione.

Il referendum confermativo sulla riforma della giustizia sarebbe il quinto della storia repubblicana su una legge costituzionale. Il primo, nel 2001, approvò la revisione del Titolo V voluta dal centrosinistra; nel 2006 gli elettori respinsero la “devolution” proposta dal centrodestra; nel 2016 venne bocciata la riforma Renzi sul superamento del bicameralismo paritario; l’ultimo, nel 2020, confermò invece il taglio dei parlamentari. (31 OTT - alp)

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