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direttore Paolo Pagliaro

GINO CECCHETTIN:
IL DOLORE ORA MIO AMICO

GINO CECCHETTIN: <br> IL DOLORE ORA MIO AMICO

“Il dolore lo considero un amico ormai, ma mi permette di vivere accanto ai miei affetti, accanto a Giulia. Sono riuscito a fare la differenza tra dolore e sofferenza. Il dolore può aiutarti anche nel quotidiano. Mi è stato detto che sarebbe stato difficile l’11 novembre, ma io non conto il tempo in anni, lo conto in giorni. E non c’è giorno che non pensi a Giulia. Ed è proprio per questo che so quanto è importante la vita”.  Così Gino Cecchettin ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa ad un anno dalla nascita della Fondazione Giulia Cecchettin. “Dobbiamo assolutamente fare un bilancio, bisogna tirare le somme dal tanto lavoro da parte di tutti i comitati, del comitato scientifico, dell’esecutivo e soprattutto di tutti i volontari che colgo l’occasione di ringraziare – ha affermato in merito al lavoro della fondazione dedicata alla prevenzione della violenza sulle donne  -. Siamo partiti con dei progetti educativi, abbiamo potenziato un progetto che era già attivo nella provincia di Padova che si chiama Prevenire e promuovere, che coinvolge il comune, la provincia, l’università e il CAV di Padova. Poi siamo partiti anche con il nostro progettone, a cui tengo tantissimo, che ha la velleità di formare gli insegnanti della primaria e della scuola d’infanzia, realizzato in collaborazione con l’Università di Firenze, lavoreremo su tre regioni pilota, Toscana, Veneto e Puglia per formare 1000 insegnanti. Ovviamente lo farà il nostro comitato scientifico e questo darà la possibilità di dare elementi formativi e crediti formativi agli insegnanti”. C’è una collaborazione con il ministero? “No, è un progetto della Fondazione, lo abbiamo fatto noi con le nostre risorse e i nostri professionisti, in collaborazione solo con l’Università di Firenze”. Sui 91 femminicidi di quest’anno e il fatto che si siano fatti o meno dei passi avanti nella lotta alla violenza di genere: “Finché ci mettiamo a contare solo il numero dei femminicidi, probabilmente no… c’è però tanta sensibilità in più, che è fatta dai volontari, dai centri anti violenza, da chi lavora per contrastare la violenza di genere, servirebbe molto di più, servirebbe fare quel passo fondamentale che poi lavorerà sulle nuove generazioni per educarle al rispetto, quindi introdurre quella famosa ora di educazione all’affettività, che cambierebbe le cose nel nostro futuro, lo chiedono i ragazzi, lo chiedono i presidi, e ci dobbiamo muovere in quella direzione”. Sull’idea di possesso e la necessità di estirparlo: “Va fatto in nome dell’importanza della vita. Lo posso dire io che con me la vita non è stata generosa in termine di vite tolte, quest’anno ho perso anche la mia mamma. Ed è proprio per questo che sto lottando con tutte le mie forze per far capire che una vita è importante”. Sulla proposta di Fabio Fazio di tornare ospite saltuariamente, portando gli esperti della Fondazione: “Ti ringrazio ed è una proposta che accetto, penso che i membri del comitato scientifico siano ben disposti a venire qui a portare la loro esperienza per far capire anche che la violenza non è un atto casuale o un raptus ma che è radicato nella società, che deriva da costrutti sociali e stereotipi che viviamo quotidianamente e finché non vengono estirpati continuerà la violenza”. 

“Io non vedo un problema iniziare alle medie l’educazione all’affettività. Perché guardo quello che ho visto quest’anno incontrando tanti ragazzi, dirigenti e insegnanti. Vedi una realtà in cui il cellulare viene dato ai ragazzi a 8/10 anni, e nel momento in cui sono connessi con il mondo, perdiamo il controllo perché vengono educarti nel peggiore dei modi, da internet, dalla pornografia… e poi leggo che la metà degli adolescenti che utilizza internet e l’intelligenza artificiale, la sfrutta come un consulente psicologico, e lo trovo aberrante, perché l’AI è una tecnologia che è allenata da quello che ha già percepito quindi di fatto ti stai ‘auto-allenando’ ed è il modo più sbagliato. Servirebbe un insegnante, che ti dà degli elementi per venirne a capo, delle problematiche, delle emozioni che non riesci a gestire” ha poi commentato Gino Cecchettin l’ipotesi di iniziare l’educazione affettiva già alle scuole medie. “Noi in fondazione siamo convinti che l’educazione sia un partenariato tra famiglie e scuole, però ci sono famiglie dove questo non avviene, pensiamo a quanti di noi come genitori hanno fatto realmente educazione sessuale ai propri figli e pensiamo poi alle famiglie dove è presente la violenza, perché ricordiamoci che più dell’80% della violenza di genere avviene in famiglia, come si può pensare che in quelle famiglie ci sia un consenso contro la violenza di genere, forse non sanno nemmeno di cosa stiamo parlando”. Ed aggiunge: “Sono convinto che i piani educativi li debba fare il ministero, i dirigenti scolastici e gli insegnanti”. Ed ancora: “Non dobbiamo perdere la speranza e continuare a far capire che è importante, tramite la ricerca e le testimonianze: 9 ragazzi su 10 chiedono questo tipo di educazione. Dobbiamo farlo cercando di lavorare sui punti comuni, perché posso capire le divisioni ideologiche ma sull’educazione dei figli dobbiamo trovare un punto di incontro”. (17 nov - red)

 

 

 

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